Uno sguardo.
Quello di Francesca Matisse. Una donna.
Che sia anche modella per me è del tutto marginale.
Alla Ca’ Brutta. Che m’è sempre piaciuta.
Insieme dovevamo realizzare un’immagine.
E qui sì, il fatto che sia modella è stato funzionale.
Una sola immagine.
Finalizzata a una mostra che si terrà ad aprile. Una collettiva.
A Milano. Dove la Ca’ Brutta è sorta nei primi venti del ’900.
Che m’è sempre piaciuta forse anche un po’ grazie ai ritratti di Gabriele Basilico.
Perché è di veri e propri ritratti che si tratta.
Ne riparleremo…
C’erano anche la mia assistente Giulia Gibilaro e Monica Cordiviola, fotografa.
A me piace la presenza dei colleghi.
Non amo i fotografi solo a distanza…
Anzi, se li ho vicino sto meglio.
Non sempre.
Questa volta sì.
Fatta la fotografia c’era ancora un po’ di luce.
E c’era una grande finestra che ho amato subito.
Anzi… che ho amato già al primo sopralluogo a luglio.
Dammi lo sguardo Francesca. Per favore.
Di più.
Ancora di più.
Così.
Esattamente così.
© Efrem Raimondi. All rights reserved
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Sì! Nel senso che mi agita. Ma è positivo secondo me. Quello sguardo, quell’ambiente, quella postura: questa foto.
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Domanda stronza: in questo caso chi è il soggetto, lei o tu?
Donato – per nulla stronza. anzi perfetta. la questione non cambia: il soggetto del ritratto è sempre l’autore. non è che siccome…
il che non nega affatto la dialettica, l’interazione
A me, per deformazione professionale, è venuta subito in mente una sorta di corrispondenza tra la “Ca’ Brütta” e il volto ritratto, un’immagine anticonvenzionale come quell’architettura che rappresentò, ai tempi, una cesura provocatoria nei confronti di tutti i preconcetti accademici: un volto bello e intenso con uno sguardo magnetico, complice ma non indulgente, una donna, che incidentalmente fa la modella, la bocca chiusa e ‘muta’ che tutto dice attraverso il rosso delle labbra dipinte, un dettaglio a cui nessuna donna saprebbe rinunciare. Una donna, appunto.
La finestra è l’ultimo rifugio della luce, difficile per un fotografo non cercare di catturarne i resti, prima del buio.
vilma – i tuoi rimbalzi inaspettati mi piacciono sempre. non arrivo alla corrispondenza tra luogo e volto, però mi piacciono ugualmente.
un altro però: conosco donne che non usano e non amano il rossetto. giuro
che dire? Un manuale di ritratto in cinque righe (le ultime). Che non trovi in nessun manuale.
laura – magari in un manuale no. ma in un workshop di quelli veri, sì… quelle cinque righe credo ci debbano essere.
poi c’è tutto il resto. che manco i ws veri. perché è una dialettica tutta da cogliere iconograficamente. almeno credo
Splendida! È una naturalezza che mi frulla e pervade
Diletta – ti frulla? interessante…
Sempre vista Francesca in altre vesti, più da modella. In questo ritratto si vede la donna e non mi dispiace affatto. Lei intensa e tu chiaramente un Maestro nel riuscire a cogliere l’intensità dello sguardo
Luca – be’, la modella l’ha fatta prima. ciò non di meno vedevo sempre la donna. assolto l’impegno entrambi siamo andati sul versante privo d’equivoco. almeno credo.
grazie per l’attestato di stima
occhi negli occhi, dare per ricevere, sempre e comunque una meravigliosa “corrispondenza di amorosi sensi”…
Marco – vero. non sempre. ma la procedura è questa. e se non dai, è certo che non ricevi
:D è la mia dote migliore (pensa le altre!)
Un ritratto è qualcosa di più di una rappresentazione della realtà, almeno così, umilmente, ritengo debba essere. Guardare raramente coincide col saper vedere, e quest’ ultima capacità accomuna molti dei migliori Fotografi, come i migliori artisti in generale. Occorre attitudine e grande sensibilità, l’ una la si può affinare, l’ altra è un dono. E questo dono ti riconosco Efrem nella capacità di condensare nello scatto/ritratto la consapevolezza di sè, le speranze e le disillusioni, la forza e l’ intensità di un frammento di abbandono eloquente, un dono che si concede a pochi perchè ci si espone e ci si rende vulnerabili e fragili. E’ forse questa la differenza che ci induce a soffermarci su taluni ritratti, ad intraprendere quel viaggio introspettivo ed empatico che trascuriamo per altri. Quel che è fuori è dentro e se così non è, non vale la pena partire.
piero – grazie!
quanto al vedere, credo che per un fotografo sia f o n d a m e n t a l e cogliere ciò che non è visibile. discorso lungo e complesso. ma molto molto semplice
Tempo fa sia Francesca che tu mi avevate accennato a una possibile futura collaborazione, ero curioso di vedere i risultati. :)
Alessandro – ce n’è anche un altro di risultato… che poi è il motivo per cui eravamo alla ca’ brutta. solo che appunto è finalizzato a una mostra. e prima di allora…
ma sei proprio un curiosone ;)
Intenso e bellissimo tutto,a cominciare dallo sguardo (anche quello della finestra)…che poi,in fotografia,che cosa non è “ritratto”? Ogni cosa ha un suo sguardo…voglio dire,ogni cosa ti guarda in un suo proprio modo,ed è bello riuscire non a coglierlo, che sa come di “strappo” di un fiore…bensì a dargli voce.
Riyueren – alla fine, credo, è sempre il frutto di una dialettica decisamente complice…
E bravi loro. Era da un po’ che volevate farlo :)
Alessandro – prego?