INSTAGRAM

INSTA 10, marzo 2013 © Efrem Raimondi. All rights reserved.

Guardo il Web ma qui viro in una sola direzione.
I social network sono l’ambito di amplificazione di atteggiamenti individuali deteriorati che trovano finalmente traguardo sociale. E l’applauso.
Ci sono persino le claque. E neanche portate da casa… si autogenerano.
Questo riguarda tutti i social network che conosco e frequento: Facebook da un paio d’anni, Twitter dopo che Red Ronnie m’ha fatto una testa tanta in occasione della mia co-partecipazione a una puntata del suo meraviglioso Roxie Bar TV, per cui primo tweet il 13 febbraio complice Rossella Rasulo che mi ha istruito.
E adesso Instagram. Complice nessuno salvo un paio di dritte di Settimio Benedusi.
Non ho idea se ce la faccio. Sono molto franco, io non uso giri… mi sembra tutto un circo. Per fortuna gli animali siamo noi.
Almeno questo lo risparmiamo alle altre specie.
Finché si trattava del solo Facebook potevo reggere, anche perché io sono un punk di prima generazione… mi affeziono alle cose che capisco. Le altre le rifiuto. Di Twitter capisco poco, mi sembra un soliloquio. Più utile forse. Ma mi è emotivamente distante. Almeno per ora.
Instagram è invece faccenda molto seria. Non entro nel merito della menata dei diritti ecc. ecc… chi se ne frega, al momento.
Prima ero estraneo e non ci pensavo. Adesso ci penso eccome!
Perché sono un fotografo inattuale. Uno che dell’attualità non sa che farsene… non mi dice niente che io non veda. Mentre a me, in fotografia, interessa ciò che non si vede. E che per prendere forma e voce ha bisogno di me. Nel pieno delle mie facoltà.
Tante o poche che siano, purché mi riconosca.
Si dice che Instagram sia la Polaroid attuale. Non è vero.
In che cosa differisce da qualsiasi altra fotografia realizzata col cellulare? Nella sostanza in niente. Quindi anche qualsiasi altro sistema, organizzato o meno in forma social, potrebbe rivendicare l’attributo.
Instagram ha a che fare con la Polaroid solo perché è istantanea.
E usa una gabbia quadrata. Ma c’è chi si sta già lamentando.
Mentre però le pola si confrontavano con un istante dilatato e molto personale, le instagram click trovano ragione di vita nell’omologazione di un format immediatamente mediatico che ha raggiunto 100 milioni di utenze. Utenze…
In questo forse è davvero l’instant per eccellenza.
Su La Stampa.it del 28 febbraio leggo: Unisce la macchina fotografica e la camera oscura, illude ogni utente di essere il nuovo Henry Cartier-Bresson…
A parte l’illusione bressoniana e il rapporto con l’istante, che ci sarebbe da dire tanto ma non adesso, il tema della cosiddetta camera oscura è rilevante.
La serie di filtri che accompagnano l’applicazione sono ”la camera oscura”. A furia di parlare come conviene al marketing finisce che ci si crede. In realtà ‘sti filtri sono semplicemente degli applicativi di effetti. Che hanno lo scopo di rendere accattivante lo scatto originale. E qui siamo al punto.
Accattivante, cioè mediaticamente commestibile… che ammicca al gusto degli adepti. Questo ci permette di accumulare seguaci. Proprio così, seguaci.
Se questo è lo scopo nulla da dire. Se il riconoscimento mediatico è il fine, nulla da dire.
E ognuno faccia come preferisce o fervidamente crede.
In questi pochissimi giorni di praticantato mi son fatto un po’ di giri trasversali, quasi a caso, in varie bacheche… o gallery, o album, chiamatele come volete e salvo alcune immagini mi sembrava di essere finito in un fumetto, comics insomma. Sembrava di essere tornati indietro di un quinquennio, anche di più, tra saturazioni, desaturazioni, contrastoni, effettoni modello Photoshop Elements.
Roba un po’ vecchia a dire il vero… passata.
Poi ogni tanto appariva qualcosa che mi riconciliava.
Che mi ha fatto venire la voglia di esserci.
E che ha davvero a che fare con l’unica idea che ho di fotografia, che è indipendente dal mezzo che uso.
Quindi la sfida, poco remunerativa mediaticamente, mi affascina.
Non sono declinabile per Instagram.
Piaccia o meno, io Normal. Al massimo Inkwell.

Instagram Camera Oscura.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

16 thoughts on “INSTAGRAM

  1. Neanche io adopero Instagram. Ho provato a sbirciare ma se non mi iscrivo non vedo niente. Allora ho cercato in rete e ho capito che non fa per me. A me sembra una moda e basta. Quindi come Ermanno non capisco bene cosa ci fai in Instagram, cioè va bene la sfida ma poi? A cosa ti serve? Conunque la foto è bellissima!

    • indubbiamente se si parla di 100 milioni di utenze un effetto trascinamento è indiscutibile. quanto a me faccio quello che fanno tutti: uso l’applicazione.
      e uso l’iphone come un qualsiasi strumento. l’unica tentazione che non ho è di scattare comunque e ovunque. e poi penso a un percorso piuttosto omogeneo. che se funziona, per me intendo, avrà un senso compiuto. a questo non ci sono arrivato immediatamente… ci ho messo quattro giorni di riflessione più un’intuizione.
      e se all’inizio inizio ero preso dall’accumulo di adesioni, adesso no. perché non ha alcuna importanza per ciò che intendo fare.

  2. Lucida ed interessante disamina, non avendo l’iphone, però non capisco fino in fondo il significato del social network instagram. faccio fatica già a seguire fb, twitter e altri sono comunque tutti collegati, non ho ben chiaro, perchè la roba che mi arriva su fb di twitter è solamante un ritrovare le stesse cose, ridondanza, idem per instagram.

    • ridonda perché a molti fa effetto accumulo. io no, io seleziono… non tutto finisce su tutto. ma è solo la mia, intendiamoci stefano.

  3. Nessuno sarebbe stato più capace di rendere più poetica questa applicazione. Hai dato una spiegazione che veramente incanta.

    Ti lancio un’altra sfida: Hipstamatic, qualora ancora non la utilizzassi.

    • sei molto gentile sara emma…
      delle due una… ho in testa un progetto. abbastanza preciso anche… magari ne parleremo.

  4. Un interno vuoto e anonimo, sembrerebbe un pianerottolo, rigorosa scelta grafica, bianco e nero, gioco di linee rette che suggeriscono una direzionalità spaziale, effetto sfocatura o mosso o come comunque si definisca e comunque lo si ottenga. Quest’ultimo incuriosisce. Voglio dire, si dà quasi per scontato che l’effetto mosso si utilizzi per sottolineare l’idea del movimento di qualcosa che, appunto, si muove, i gatti, una persona, un veicolo ecc.. Qui è applicato ad un soggetto che più fermo di così non potrebbe essere (credo).
    Curiosa inversione di senso, quello che si muove non è il fotografato, ma il fotografo, “ciò che non si vede” determina ciò che si vede (da un treno in corsa che attraversa un pianerottolo).
    Surreale.
    Quanto il paesaggio tremolante visto dagli occhi di una folaga.

    • questo percorso del mosso lo pratico da sempre… da quando ho iniziato. ho fatto diversi lavori tra l’altro… anche la monografia “marino alla scala” per trussardi… anno 1995-96 credo… o ’94, boh. mi piace molto il tuo riferimento alla folaga, cara vilma.

  5. Vilma ha ragione per me ma anche tu quando dici che l’uomo si è sempre rappresentato. Invece non capisco cosa ci fai tu dentro Instagram. Scusa Efrem

    • lo commentavo giusto poco fa… ho appena iniziato con instagram ermanno. intendo usarlo come il mezzo per raccontare l’allucinazione.
      molto fuori tendenza… zero mediatico. ma come commentavo a chi ha avuto la cortesia di intervenire, barbara silbe sulla pg FB del GRIN, io sto sempre dalla parte sbagliata.

  6. Instagram rappresenta l’ultima espressione del delirio di onnipresenza di un’umanità dall’identità perduta.
    Ci sono quindi esisto, mi vedono (o vedono quello che sto vedendo io) quindi ci sono.
    Il gradiente si può percorrere in entrambi i sensi, il risultato non cambia.
    “…… illude ogni utente di essere……”.
    Punto.
    Alienazione e reificazione, compaio quindi sono.
    E sono una realtà tanto più oggettiva quanto più mi faccio oggetto, divento frase, immagine, istantanea.
    Creare situazioni, condividere momenti di vita in una collettività dove il singolo si autocomtempla in un gigantesco gioco di specchi da Truman show.

    E “più egli contempla, meno vive; più accetta di riconoscersi nelle immagini dominanti del bisogno, meno comprende la sua propria esistenza e il suo proprio desiderio”.

    • l’essere umano si è sempre rappresentato. coi mezzi che aveva a disposizione al momento.
      quello che ci tocca, vilma, è questo. vero, non sono solo mazzi di fiori. i mezzi contemporanei della rappresentazione sono questi, social network inclusi.
      e l’accesso alla rappresentazione è certamente un fatto massificato. e concordo, a volte delirante. posso sbagliarmi ma credo che il come faccia ancora la differenza.
      è l’unica possibilità che mi do. anche se è come essere immersi.

  7. Sono convinta che twitter sia uno strumento molto valido. Credo potrà tornarti utile.
    Instagram invece non l’ho mai considerato. Sarà che prediligo le foto fatte in altro modo.

    • la mia insegnante di twt! sono un privilegiato, lo so. magari hai ragione a riguardo… vedremo.
      molte instagram sono solo dei post. però credo si possa combinare qualcosa di interessante. anche qui vedremo.

  8. Alla faccia della foto col cellulare! Non uso e non conosco Instagram ma condivido al100% tutto quello che hai scritto: qualcuno che non declini ci vuole!!

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