Presente imperfetto. Lectio versione intima…
Organizzata da New Old Camera.
Milano 12 maggio.
È diversa da quelle pubbliche che ho fatto. Per numero di persone, qui limitatissimo, una quindicina, e per svolgimento.
Innanzitutto è una giornata insieme, con un break a pranzo, e poi il piano della visione e della conversazione è decisamente più dialettico.
Volutamente più lento.
E sulle cose si torna. Se necessario, si torna. Ne abbiamo il tempo.
Però occorre iscriversi. Qui tutte le info, incluso il costo – 80,00 €.
eventi@newoldcamera.it tel. 02 3658 92 16.
Il soggetto è il linguaggio. E la fotografia bella al centro: sei slideshow per un percorso che va dal 1980 a oggi.
Trasversale. Che è la fotografia nella quale credo.
Mica solo la mia…
Discutibilissima, ma è ciò che ho e che mostro.
Al netto di tutto.
Dalle usa e getta al banco.
Dall’assenza della fotocamera e per luce un accendino Bic.
Dalla Polaroid allo smartphone.
Da un’andata a un ritorno arbitrario…
Non si tratta di una chiacchierata, è proprio un momento di serio confronto.
Partendo dalla fotografia prodotta, non quella parlata. O immaginata.
Un excursus dinamico che ha un obiettivo: trovare, o ritrovare, l’orientamento.
Oggi, soprattutto oggi, penso che la riflessione sia importante.
A una condizione: esporsi.
Smarcandosi anche senza alcuna cautela da tutto ciò che è tendenza.
E non per chissà quale allergia intellettuale e un po’ fighetta, ma proprio per un’esigenza vitale.
Cercando di trovare la matrice espressiva che davvero ci riguarda.
Rischiando la nicchia.
Quasi auspicandola…
La fotografia che produci è ciò che sei.
La faccia, la tua.
Questo l’auspicio.
Ha un riscontro? Bene!
Non ce l’ha? Pazienza.
Ma a tutti noi, chi ce lo fa fare di fotografare?
Quale l’urgenza?
Inseguiamo che cosa?
Dove diavolo stiamo andando?
Se produciamo esattamente ciò che siamo, se pensiamo che non esiste alcun soggetto deputato, se il nostro differenziale è l’invisibile e come lo traduciamo, allora la fotografia è luogo confortevole.
E l’arbitrio il modo.
Non sarà universale, ma chi se ne frega.
Tutto semplice.
Tutto qui.
Presente imperfetto – 12 maggio, New Old Camera, Milano.
Set per INTERNI magazine. Ottobre 2017.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
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Curiosissima di assaporare le differenze e finalmente poterti fare le domande che erano rimaste in sospeso a quella in Triennale che per me fu un vero shock. E allora ci vediamo
addirittura una shock? ma perché Silvia?
A parte che era strapieno e non si riusciva a respirare e la coda fuori che rumoreggiava (secondo me giustamente) ma quella cavalcata di immagini mi ha riempito gli occhi e il cuore e tu Efrem che eri seduto tranquillamente come se nulla fosse: tutto insieme è stata tanta, tantissima roba che mi ha fatto riflettere. Adesso vorrei vedere tutto con calma e avere possibilmente delle risposte. Ecco, l’ho detto. Ciao Efrem
ciao Silvia.
La cultura è gratis solo nelle biblioteche pubbliche, ai musei paghi, per visitare i siti archeologici paghi, per avere dei libri paghi, per l’università paghi, al cinema paghi..e a volte non per film di cultura. La cultura non ha prezzo per chi è disposto a spendere una parte dei propri soldi non in cavolate ma in cultura. Al limite dovrebbe essere lo Stato a garantire, incaricandosi dei costi, che la cultura sia accessibile anche a chi non può permetterselo e non il singolo individuo ad investire il suo tempo e il suo lavoro a titolo gratuito, altrimenti dove troverebbe il singolo individuo le risorse per poter campare e fare cultura? Che pretesa assurda è mai questa?
Ciao Efrem,
le domande che poni sono davvero curiose e interessanti. Credo che la consapevolezza del proprio linguaggio, della madrelingua o matrice come la chiami tu, sia davvero essenziale…forse equivale a chiedersi chi siamo?
“La fotografia che produci è ciò che sei”, mi sento di condividere questo pensiero. Magari non inseguiamo nulla o semplicemente stiamo andando ad un appuntamento con noi stessi.
La fotografia è un modo di vivere, la nostra relazione con il mondo, il mio punto di vista chiaramente.
Peccato non poter partecipare, arrivo a Milano più avanti.
A presto,
Giusi.
la matrice alla quale faccio riferimento è qualcosa di sedimentato in noi. se c’è assume una forma. se no nisba. e non c’è nulla da fare. almeno se è di linguaggio, quello iconografico intendo, che parliamo.
ognuno la fotografia la vive come gli pare. o come può. personalmente credo esista un solo modo: ciò che produci coincide con me. e non ho alternativa. ed è anche per questo che mi risulta difficile, ostica, una certa omologazione. per quanto trendy possa essere. anzi: più è trendy meno mi riguarda.
peccato per questo appuntamento. al prossimo allora. ciao!
La cultura ha certamente un prezzo Enrico, perchè costa diventare riferimenti culturali: costa fatica e studio, applicazione e lavoro. E diventa la vita di seri professionisti, che offrono un prodotto alto. Che vale.
Mi stupisce che si possa pensare a comprare – spendendo anche molto – macchine, telefoni di ultimissimo modello, vacanze, vestiti e partecipazione ad eventi modaioli e non si riesca a dare valore agli “oggetti” culturali.
Personalmente non compro niente di quello che dice Gabriella. Se un prodotto è alto come dice lei allora è giusto che a usufruirne siano tutti senza dover pagare : una questione morale! Una questione sociale! Altrimenti la si smetta di ripetere che la fotografia è finalmente democratica. Ma dove? Queste sono solo operazioni per fare quattrini sulle spalle di un po’ di creduloni abbagliati da non si sa cosa. Poi non credo che Efrem Raimondi abbia bisogno di avvocatesse
rispondo io e la chiudo: non solo non ritengo democratica la fotografia, ma proprio trovo che sia demagogico persino pensarlo. il linguaggio è arbitrario, l’espressione pure.giudichi lei Enrico il loro peso specifico a seconda delle circostanze e decida come più le aggrada.
Chiedersi, come Chatwin: «Che ci faccio qui?». E rispondersi, malgrado tutto, che non sarebbe possibile esser altrove.
è una domanda che talvolta si ripete. sull’altrove però, laura…
ma perché nella circostanza?
Di certo impropriamente, questa frase mi è tornata in mente leggendo il tuo articolo. A volte dalle situazioni si vorrebbe fuggire. Ma quando qualcosa coincide con noi stessi – e vale anche per la fotografia – ci si rende conto di non poter stare altrove. Forse raggomitolati in una nicchia. Ma pur sempre nello stesso edificio.
basta aprire almeno le finestre :)
Siete tutti uguali. In fun dei conti chiedete soldi: la cultura non ha prezzo!
primo non siamo tutti uguali. secondo: indipendentemente da questa lectio, la cultura ha un prezzo. quello che tu Enrico non sei disposto a pagare. e non è solo una questione di vil denaro mi sembra di cogliere.
Anche la salute non ha prezzo eppure i medici si fanno pagare. Funziona così, si chiama lavoro.
Una “lectio” non è una ricetta e neanche una operazione.
Quindi Lei Efrem sarebbe superiore? E per questo si fa pagare: bella roba!
nessuna mia lectio pubblica ha preteso un centesimo dai partecipanti. tranne al MAXXI, a roma, euro cinque. ma la cosa non mi ha riguardato in alcun modo.
questa invece è una situazione più didattica. necessariamente a numero chiuso. e ha un precedente: a bologna ospite del cortesissimo giulio limongelli. nel suo laboratorio.
e funziona solo se strutturata così.
le ho dato una risposta cortese. che dovrebbe spiegare la differenza.
altrettanto cortesemente la invito a non rompere i coglioni. o almeno non lo faccia in modo così banale.