L’ultima volta che sono stato al Pitti è stato nel giugno 2008.
Perché avevo una mostra.
Poi non c’è stata né ho cercato occasione.
Questa volta invece la circostanza s’è creata grazie alla fondamentale complicità di Antonio Orlando, vice direttore di Class magazine. E di Mariateresa Cerretelli, photo editor.
Tutto molto semplice: liberare la produzione smartphone dalla prerogativa social, quella che prevede un solo fatto iconografico, IO SONO QUI.
E rimettere al centro il motivo della nostra presenza: ho uno sguardo e lo rivendico… IO FOTOGRAFO. E intendo farlo usando le coordinate proprie della fotografia che mi appartiene.
È lo smartphone che scappa e uno strumento che torna.
Se sono un magazine, rimodellando la mia presenza social alla misura e alla cifra iconografica che sottolinei la mia identità.
Che la rivendichi con una chiarezza e una distinzione che non sempre è riscontrabile sul cartaceo, dove anzi l’omologazione e un linguaggio balbettante sembrano essere piuttosto diffusi. E in buona sostanza origine del proprio male.
È una grande opportunità. E la si gioca adesso.
Un percorso che ho iniziato con INTERNI magazine* l’anno scorso in occasione del Salone Internazionale del Mobile, tutto iPhone e che ho ripetuto quest’anno, non solo iPhone, perché gli strumenti si adeguano alle circostanze. E non il contrario.
Così ho fatto il mese scorso col gruppo Class Editori, soggetto Pitti, dove l’iPhone è stato molto sostituito dal Samsung Galaxy K zoom… bell’arnese che si presta molto e che voglio ulteriormente verificare.
Con più calma, quella che non c’è stata nella circostanza.
Anche perché condensare in un solo giorno un lavoro del genere ha comportato qualche errore di valutazione da parte mia. Che si è tradotto essenzialmente in una mediazione di troppo sul piano espressivo: e non va bene. Ma è un work in progress, e sia Class che io ne teniamo conto.
C’è un interesse vero sul percorso smartphone, e il suo rimbalzo diretto sui social network. Alcune riviste lo stanno intercettando. Certe per necessità, e ammiccano un po’ così… altre ci investono davvero.
Allora è semplice: che ci sei lo sappiamo, adesso dicci chi sei.
E proprio il rigore e la cifra espressiva, ciò che latita sul cartaceo, dev’essere il credo. Come un’ossessione.
Puoi cambiare strumento, e usare ciò che ti conviene, ma non puoi cambiare sguardo.
É un postulato. Almeno per me, che un altro non ce l’ho.
Pitti… con a Alida Priori, fashion blogger** dallo sguardo bello trasversale. Senza la quale questo lavoro non ci sarebbe. Che com’è noto l’ambiente fashion lo guardo da una certa distanza… in parte perché è un ricordo di gioventù, e in parte perché, salvo eccezioni, non lo conosco.
Insieme abbiamo attraversato in lungo e in largo, chiacchierando e guardando.
Scattando e postando quasi in diretta – lo stato della connessione è migliorabile – sulla neonata pagina FB*** di Class. Un reportage leggero nell’occasione. Che verrà in parte ripreso nel cartaceo.
Per me è come passare da un mezzo a un altro.
Come necessita.
Come è sempre stato.
Questo è solo l’inizio iniziato da un po’.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
Firenze S.M.N. h. 7,18 PM
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
* http://blog.efremraimondi.it/milan-design-week-giu-la-cler/
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Credit:
Roy Rogers, Alida Priori da Proraso, Pino Luciano – La vera Sartoria Napoletana, Paoloni, Diadora, Allegri, Italo Treno.
Una giornata intensa, resa proficua grazie alla collaborazione di:
Carla Manzoni, responsabile coordinamento editoriale Class Editori,
Carlo Parpinelli, responsabile gestione editoriale,
Paola Bressani, senior product manager,
Stefania Bianchi, segreteria di redazione.
@ Alida Priori – Se sono io la ‘certa persona’ a cui si riferisce, mi sento di dire che, ci piaccia o no, siamo quello che facciamo (qualcuno dice pure quello che mangiamo!) e l’immagine che ho restituito di ‘Alida Priori’ è quella che lei stessa dà di sé, così funziona la comunicazione visiva (ho dato un’occhiata al suo instagram): inoltre ho integrato le mie informazioni con linkedin, sito aggregatore delle identità professionali dove gli interessati inseriscono i curricula in prima persona, le definizioni che ho usato sono le stesse.
Comunque nel caso io abbia capito male, la colpa va equamente divisa tra me, che dò giudizi troppo leggeri, e lei che dà di sé l’immagine che ne ho ricavato.
Del resto, lei mi attribuisce leggerezza, superficialità e carenza di documentazione, neanche io mi ci riconosco, ma non posso impedire che lei la pensi così, sono convinta di averle dato proprio questa impressione né pretendo di convincerla del contrario. Non è obbligatorio piacere a tutti, sarebbe mortalmente noioso.
Però non capisco la chiusa finale: “Non prendiamoci sempre troppo sul serio”, dato che forse è lei che si prende troppo sul serio, non era in gioco la sua ‘dignità’, non credo la custodisca nelle foto di instagram!
P.s. Grazie Efrem! Bellissima esperienza e utile scambio che spero replicheremo presto!! ;)
magari non mordi e fuggi… almeno il tempo per un drink serio :)
Prima di dare patenti e parlare con leggerezza… della dignità’ altrui, certe persone dovrebbero almeno documentarsi invece che dare giudizi meno tridimensionali delle immagini superficiali che con bell’eloquio cercano di commentare… Non prendiamoci sempre troppo sul serio
sono d’accordo con leo, lo smartphone trova la sua più efficace espressione nella sua facilità d’uso, tollera (quasi esige) l’imperfezione del risultato improvvisato senza alcun progetto visivo per una fotografia del qui e ora dove la qualità non è richiesta. se hai in tasca uno smartphone hai accesso immediato senza chiedere il permesso ad eventi che normalmente ti sarebbero preclusi e la comunità social ti accetta, acriticamente e senza filtri, l’immagine arriva a tutti in modo virale.
non perché sei bravo o perché sei originale, ma solo perché c’eri.
e allora vien da dire “lo potevo fare anch’io…..”
ma è vero che tu usi un mezzo social senza rinunciare all’identità, conservando il tuo sguardo e la tua capacità di guardare, ed infatti ciò che fai tu è ben diverso da ciò che posta la giovane e spiritosa Alida Priori (‘da Proraso’) fashion blogger e personal shopper, piedi, cibo, autoscatti, scatti mentre si autoscatta allo specchio…. un delirio di autocelebrazione reso possibile dal miracolo di tecnologia che si tiene in borsetta.
con una differenza, l’unica sulla quale puntare per contenere l’osservazione di leo: se smartphone non l’avessero inventato, tu eserciteresti comunque il tuo sguardo con qualunque mezzo a disposizione, mentre la giovane Alida dovrebbe rinunciare alle sue estemporanee autocelebrazioni.
e il mondo non si perderebbe nulla.
ha ragione proust, il segreto è procurarsi nuovi occhi, non nuove vie.
per ciò che mi riguarda è solo uno strumento. con caratteristiche proprie e che semplicemente utilizzo per ribadire la stessa fotografia. appunto come dici. è veloce… e più versatile di ciò che sembra. ma io sono un fotografo. e in questo credo di avere un rapporto coi mezzi molto leggero.
alida priori fa un altro lavoro. credo lo faccia con ironia. l’immagine che produce ha percorsi diversi, e certamente usa i mezzi a disposizione.
su proust concordo… e mi sto attrezzando. anzi, non ho mai smesso di farlo. certe vie però possiamo in qualche modo condizionarle. anche se limitatamente, anche se non se ne accorge nessuno, vale farlo per sé. almeno credo…
perché se no è dura. veramente dura
Esattamente Vilma! Sono d’accordo che non riguarda Efrem e alcuni altri ma lo smartphone non nasce per loro ma contro di loro che forse farebbero meglio a concentrare le energie altrove anziché cercare di dare una dignità a chi non ne ha.
Ma sei sicuro che si può snaturare l’essenza degli smartphone? Il problema è che nasce per essere uno strumento di distruzione fotografica e tu Efrem, scusa ma è così per te e per chiunque altro, non ci puoi fare niente. Poi le riviste sono solo opportuniste e non gli importa di tutti questi discorsi. Lo sai vero?
forse alcune lo sono, forse altre no, forse non c’è altro che andare a vedere a proposito di opportunismo. le due con le quali ho affrontato la cosa non mi sembra proprio. si tratta di mirare meglio, questo sì. e riguarda tutti, me per primo.
quanto alla natura degli smartphone non c’è dubbio che sono strumento di produzione anche senza discrimine. ma al pari di qualsiasi sistema digitale… certo un banco ottico analogico è più impegnativo. ma non è questo il problema. o almeno non lo è più. credo che ognuno debba fare la parte nella quale crede. se ci crede
La tua parte non è in discussione Efrem! E sei encomiabile nel sostenerla, ma non mi sembra ci sia in giro una grande disponibilità nel recepirla: ma ne vale la pena poi? Per le quattro riviste che a malapena respirano?
chi se ne frega della disponibilità. ne vale la pena