A portfolio is, first of all, a place.
An orderly, soberly, beautiful place.
The pictures are its subject: a visual journey that speaks on your place.
Either on paper or digital, it’s a basical tool, not to be mixed up with websites, blogs, exhibitions… it must have a dynamics and a layout of its own.
I love paper, because prints are more powerful and cannot be affected by any hardware: you are showing exactly what you want to be seen.
Clearly, it’s not the most comfortable media, but recommended when looking for visual quality.
I am often asked for portfolio readings and one-to-one consultation.
My approach is a professional one; I don’t take online (or on-the-road) chats seriously.
Info: portfolio@efremraimondi.it
Language is Italian.
Portfolio…
Innanzitutto è un luogo.
Ordinato e di bella presenza.
Una bellezza essenziale.
Sobria. Dove le immagini sono il soggetto… alias, un percorso visivo che si esprime in tua vece.
Non importa se relativo a un cosiddetto progetto risolto in dieci immagini o alla visione – faccenda più ampia e complessa – che si ha di un tema, tipo ritratto, design, moda, architettura, reportage ecc, dove venti diventa il numero minimo per definire la cifra espressiva.
Quello massimo tra trenta e cinquanta, dipende dall’impaginazione. Che conta anche lei.
Perché è a questo che serve un portfolio: dare un’identità, che non coincide con l’infilare una serie di fotografie emozionanti.
L’emozione, oggi, è alla portata di tutti. Il linguaggio no.
E non è neanche una mostra, né un sito, né tantomeno un blog in rima baciata.
Il portfolio sei tu al netto di qualsiasi scusa e spiegazione.
Al netto anche del tuo cappottino all’ultimo grido.
Quando lo presenti, fai finta di essere altrove, meglio… io facevo così: se interpellato parlavo, se no nisba.
Il mio era cartaceo.
Anzi, i miei quattro più uno erano cartacei.
Uno dedicato al ritratto; uno al design; uno alla pubblicità e comunicazione aziendale; uno al mio girovagare… città, musei e tutto l’ambaradam urbano, niente landscape.
Il più uno riguardava le opere, le prints insomma. Anche landscape.
Parlo al passato ma in realtà sono ancora qui, davanti a me che appunto li sto fotografando.
Però non ci metto mano da anni.
Perché se devo far vedere qualcosa ricorro a pdf, slideshow e compagnia digitale assortita.
Non è la stessa cosa: il cartaceo sarà un po’ romantico, ma la sua potenza ineguagliata.
Perché se la visione è statica, non c’è nulla di meglio di una buona stampa.
Oltre al fatto che è più affidabile, e se anche spedisci all’altro capo del mondo, hai la certezza che ciò che viene visto non può essere frainteso da nessun hardware.
Se si tratta di una presentazione dove la qualità della visione è imprescindibile, ricorrerei ancora alla stampa.
Con la tempistica attuale, che è spesso frenesia pura, succede di rado.
Ricordo che i monitor dovrebbero avere un profilo colore frutto di una profilatura: è più facile incontrarli nei fotoclub che nelle redazioni. Già le gallerie son messe meglio. E comunque poi vogliono il cartaceo.
E la stampa è preferibile anche nei vari reading, quelli che non mancano mai in tutte le manifestazioni del mondo.
A cosa servano, e a chi sono utili, è un’altra faccenda.
Ma se non hai un portfolio, scordati di far vedere seriamente le tue immagini.
Questo è anche un invito a non mandarmi e mail di contenuto iconografico, o link vari… a Flickr e similari: non è così che si mostrano e si guardano le immagini.
Una questione di attenzione innanzitutto al proprio lavoro.
Se di lavoro si tratta. Se è davvero un impegno nel quale si riversano energie e aspettative.
Anche se non è al momento ciò con cui campi, il punto è a cosa miri.
Se è solo un passatempo, non me ne frega niente: la regola è la stessa.
Ogni tanto mi capita di fare dei portfolio reading, individuali e privati. E pubblici, con una persona davanti e il mondo intorno.
Ed è un impegno che prendo molto sul serio. Per un motivo molto semplice: anch’io sono stato dall’altra parte, e ciò che mi premeva, se ero presente, era avere delle risposte.
Perché è così che funziona… la fotografia pone delle domande: tu sei in grado di dare risposte?
Indipendentemente dal livello della domanda, riesci a modulare una risposta che sia utile?
Non tutte le domande sono uguali, così le risposte.
E nessuna risposta è la verità. Ma a seconda della sua qualità può essere davvero utile.
O l’ennesima perdita di tempo. E di denaro.
Non è per niente facile fare un portfolio, soprattutto se il proprio e all’inizio.
Non è facile neanche la sua lettura.
È un lavoro. Che sempre più spesso mi viene richiesto.
Non so perché, ma è così.
Quindi ho deciso di istituzionalizzarlo. Attraverso due step distinti:
1 – incontro di due ore sola lettura. Cartaceo preferibile, ma anche digitale se non se ne ha uno pronto.
La questione vera, quella che per me ha davvero un senso, è però andarlo a costruire il portfolio, quindi nel caso ci fossero le condizioni…
2 – altri due/tre incontri, dipende, sempre di due ore, dove si definisce con precisione l’intero portfolio.
C’è poi un altro percorso, indipendente dal portfolio.
Formalizzo anche questo.
One-to-one innanzitutto, eventualmente estendibili a gruppi di tre persone massimo.
Non è una semplice consulenza… mi fa schifo il concetto.
Si tratta di individuare percorsi personalizzati che siano reale motivo di riflessione e crescita. Dove la tecnica non è bandita, ma presente solo come supporto motivato dalla circostanza specifica.
La si vuole chiamare didattica? Chiamiamola didattica.
Solo che è la mia.
Sembra la figura di tutor? Ma lasciamo che sembri.
Anzi è.
Per i workshop, quelli collettivi, se ne riparla. C’è tempo… adesso detto le priorità.
E cioè la mia idea di workshop. Che non dura un weekend. Ed è altra roba.
Anzi, per dirla tutta e molto chiaramente, è questo il mio workshop.
Per qualsiasi informazione, questa è l’e mail: portfolio@efremraimondi.it
portfolio@efremraimondi.it
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