La Fotografia non esiste – Report

 

La fotografia non esiste, Efrem Raimondi

In primis: ringrazio veramente tutti per la partecipazione… non me l’aspettavo.
Mi spiace davvero enormemente per coloro che non sono stati fatti entrare dalla sicurezza… un po’ rigida forse.
E so che sono tanti: con tutti mi scuso.
Ma coi Vigil del Fuoco non c’è discussione… pare che il limite di capienza fosse già oltre.

È stata una serata molto piacevole… un grazie particolare a Raul Cremona, che è stato meraviglioso in quel quarto d’ora… se ne è impossessato con grande intelligenza.
E un grazie ai colleghi dell’AFIP che hanno predisposto tecnicamente la serata.

Che altro dire… grazie!

Questa la  R E G I S T R A Z I O N E

Adesso su youtube… e mi  spiace per le seimila visualizzazione della precedente.
Che si sono perse misteriosamente.  Però io ne ho una traccia documentata. Si sa mai.

A margine: non ce la facevo più con lo spot puntato addosso… non sono abituato: un caldo!

Un po’ di backstage, opera di Giulia Gibilaro, con la quale ho il piacere di collaborare ogni tanto.

 

Raul Cremona - La fotografia non esiste. Efrem Raimondi

 

La fotografia non esiste. Efrem Raimondi

La fotografia non esiste. Efrem Raimondi

La fotografia non esiste. Efrem Raimondi

La fotografia non esiste. Efrem Raimondi

La fotografia non esiste. Efrem Raimondi

La fotografia non esiste. Efrem Raimondi

La fotografia non esiste. Efrem Raimondi

Inaspettato per me:  Giovanni Gastel mi consegna la tessera Honoris Causa dell’AFIP…
davvero mi sono commosso.

La fotografia non esiste. Efrem RaimondiLa fotografia non esiste. Efrem Raimondi

La fotografia non esiste. Efrem RaimondiLa fotografia non esiste. Efrem Raimondi

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La fotografia non esiste. Efrem Raimondi

E questa la situazione per la quale mi scuso. Anche se non c’entro, c’entro.
Persone venute dalla Toscana, da Napoli… che magari non conosco personalmente.
E anche persone con le quali ho collaborato in questi anni. Non faccio nomi, ma in questa fotografia inviatami dal mio amico Luca Bacchella, riconosco bene qualcuno.

E poi c’è questa fotografia che mi piace molto… della mia amica Ilaria Carrier Ragazzi.

© Ilaria Carrier Ragazzi. All rights reserved

Insomma è andata così. Ciao!

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Workshop – Ritratto – 2 incontri

MIO PADRE E IO ©Efrem Raimondi

Be’ insomma… mio padre e io.
Fotografati da mia madre.
Sarà il 1962… ’63. Nell’ordine che ha lasciato mio padre, incredibilmente non trovo la data.
Il mio primo workshop.

Due incontri al momento:
La sede del ritratto,
Modena, Fondazione Fotografia Modena, 22-23-24 maggio:

cover

 

Il mio ritratto sei tu,
Venezia, La Casa dei Tre Oci, 20-21 giugno:

VENEZIA

 

Al di là dei due differenti titoli, la struttura è la stessa.
E risponde alla domanda: qual’è l’origine, la matrice del ritratto che mi appartiene? Dove diavolo risiede? Come faccio a individuarla e quindi a modularla con le persone che ritraggo?
Ed è proprio una domanda sola.
Con una sola risposta: il ritratto è luogo di sintesi… crocevia di tutto il quotidiano che ci riguarda. E nel quale ci riflettiamo.
C’è un percorso da fare: prima come se parlassimo di fotografia… poi dentro nello specifico.
E si lavorerà anche.
No modelle, no modelli… non me ne abbiano, ma nella circostanza tutto inter nos.
Le info si trovano nei due link sopra.
¡Hasta Luego!

A margine: sulla questione workshop ne ho parlato specificatamente qui: https://blog.efremraimondi.it/workshop-mi-fido-di-adesso/

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Mestiere Fotografo

Sandra Weber by Efrem Raimondi

 

 

View from room #858…
Sgommamenti, figa e limousine. Tutto vero.
Tutto inebriante all’inizio. Una vita accelerata.
Ma questo cosa c’entra?
Poi comunque, dopo un po’, chi se ne frega.
Poi c’è una cosa che ha peso specifico, poi c’è il mestiere…
Presente il binomio Arti & Mestieri?
Non sono separabili.
Proprio così: N O N   S O N O   S E P A R A B I L I !
E ci vuole talento per entrambi.
Indipendentemente dal fatto che sia artista – reportagista – ritrattista – fashionista – stillaifista e tutto quanto ista… cambia niente.
Le etichette non cambiano mai la sostanza della questione.
Se ne hanno la presunzione, sono solo patacche. Proprio uguali a quelle sulla canotta mentre armeggi al barbecue.
La cifra di un fotografo non risiede nella singola immagine, ma nella capacità di reiterare il gesto modulandolo alla circostanza.
Fino all’ultimo respiro.
Anche quando non si scatta. Soprattutto quando non si scatta…

Le voci del binomio sono chiare: l’Arte ha a che fare con l’idea di fotografia che hai, il Mestiere con le fotografie che fai, e che ti permettono di registrare con sempre maggiore precisione il senso del fotografare. Il tuo. Quella roba che t’appartiene e che intendi manifestare.
Per farlo, per continuare a farlo nel tempo, occorre conoscenza.
Senza la quale puoi passeggiare impunemente in un tumblr qualsiasi. E disquisire della tua meravigliosa Fotuscoss, costata una cifra, in un qualsiasi forum.
Ma basta.
E soprattutto non dispensare consigli su come avresti, tu, fatto quella fotografia lì. Che è di un altro. E saprà bene cosa intendeva fare: perché manipolargliela? Se proprio ci tieni, falla tu.
Anzi, rifalla senza proferire verbo.

Persino la capacità di improvvisare è subordinata alla conoscenza.
Perché quando è solo con l’improvvisazione che riesci a ricondurre il tutto a un parametro iconografico, e succede, è solo attraverso la conoscenza che lo ottieni.
La fotografia, in qualsiasi declinazione si presenti, è disciplina.
Ferrea.
Non ammette sconti. E nemmeno parole o titoloni al seguito cambiano qualcosa: ciò che si vede è.
Questo è il mestiere. Ed è una cosa che non si smette mai di apprendere.
Attraverso il one–to–one che faccio con alcuni fotografi e fotoamatori che hanno davvero voglia di mettersi in gioco, verifico anche il mio grado di conoscenza. E mi accorgo che non basta mai.
Senza diventare ossessivi modello Antonino Paraggi, il protagonista de L’avventura di un fotografo, in Gli amori difficili, Italo Calvino edito Oscar Mondadori, che va assolutamente letto – c’è tutto, più di un manuale – al netto appunto di fenomeni patologici, la conoscenza è l’unico elemento che consente all’intuizione di diventare espressione.
Dobbiamo immaginare il Mestiere come il passepartout per il linguaggio che ci riguarda.
È applicazione, lavoro vero e non un ripostiglio di trucchi assortiti pronti per l’occasione.
Non ci sono trucchi in fotografia. Non c’è la Fotuscoss.
Mettiamola così: il mestiere è il versante utile di una fotografia che può anche permettersi di essere inutile.

Ma il Mestiere è anche mestiere… lo sappiamo bene noi, fotografi italiani. Lo sappiamo più di ogni altro al mondo.
E adesso volo basso, sorry…
Perché non si tratta solo di preventivi, mediazioni, e tutto l’ambaradam connesso a qualsiasi professione: qualcuno ha idea del livello di burocratica confusione in cui versano lo stato di fotografo e la fotografia in Italia? Che quando lavoro all’estero, qualsiasi estero, mi sembra di essere su un altro pianeta. Mentre lì è la normalità.
Un solo esempio: quando ho iniziato, con la P.IVA e tutto il nécessaire, anno 1983, per professare legittimamente dovevo avere una licenza. Potevo scegliere tra ambulante o studio.
Ambulante mi dava la possibilità di avere anche uno studio.
Il contrario no. Per cui ho deambulato. Dentro e fuori lo studio.
La mia licenza, che non trovo se no l’avrei postata, prevedeva tutta una serie di divieti e restrizioni. Tipo no fotografia in Piazza Duomo, San Marco, Colosseo eccetera più ovviamente tutti gli obiettivi militari, stazioni ferroviarie incluse. Avevo inoltre l’obbligo, qualora avessi deambulato oltre la provincia di Milano, di recarmi al commissariato di polizia del posto dove mi trovavo e esibire la mia licenza. Solo previo nullaosta, certificato da timbro, avrei potuto fotografare. Ero un fanciullo… l’ho fatto, ingenuamente, solo la prima volta, a Urbino.
Poi viste le facce degli ignari poliziotti, me ne sono sempre fregato.

L’unico vero vantaggio che la mia licenza prevedeva era di allevare piccioni e fare fotocopie. Giuro. Quando lo raccontavo fuori da questi confini si sganasciavano dalle risate.
A proposito di mestiere…
Per non parlare della fiscalità. E che la nostra non ha ancora recepito completamente il concetto di diritto d’autore.
E noi fotografi italiani con le nostre associazioni, insistiamo col dire che un Albo non serve?
Non è la soluzione migliore. Ma a me sembra l’unica per cominciare a mettere dei punti fermi. Meglio se fermissimi.

Volato basso abbastanza.
Rifiondiamoci filosoficamente nel binomio Arti & Mestieri.
Ognuno alla fine come gli pare.
Liberi tutti.

© Efrem Raimondi. All rights reserved

La fotografia pubblicata è un’iPhonata durante la conferenza tenuta da Sandra Weber e organizzata da INTERNI magazine e Audi. Adesso, durante il Fuorisalone 2015.

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lectio magistralis – La Fotografia non esiste

Efrem Raimondi in Triennale

 


lectio magistralis
… dunque è così: almeno lo scrivo tutto minuscolo.
Che mi sembra più consono per quel che mi riguarda.
Però non mi nascondo.
E la cosa mi piace: 7 maggio ore 19, La Triennale di Milano.
Ringrazio l’AFIP, alla quale sono tesserato, che organizza da circa un paio d’anni questi incontri in collaborazione con CNA e GRIN.
Un ringraziamento particolare a Giovanni Gastel per la sua cortesia.

La fotografia non esiste, questo il titolo. Che è un po’ il mio manifesto.
Ed è questo che mi ha suggerito di invitare Raul Cremona a introdurre la serata. Che ha molto cortesemente accettato.
Anzi, ne era contento.
Raul è un amico, e lo stimo molto… un artista di grande sensibilità e cultura che con la fotografia si cimenta privatamente: ha una meravigliosa collezione di fotografie, anche d’epoca, di maghi e di personaggi stellari che con la magia hanno avuto a che fare.
Sarà una sorpresa quella sera lì. Anche per me.

La fotografia non esiste è anche un po’ una provocazione e non tutto va sempre preso alla lettera. Come la storia che questo è un blog polemico. Sì vero… è come tatuato in cima. Ma dopo tre anni di percorso credo che la questione sia più sfumata.
Decisamente.
Però è un tattoo. E quindi lì resta.
Sono un outsider, è da qui che parto.

7 maggio, ore 19.00, Triennale, Milano…
INGRESSO LIBERO.
Questo è anche un invito. Spero di vedervi.
Ci sarà anche Strip!

Strip by Efrem Raimondi

© Efrem Raimondi. All rights reserved

S T R E A M I N G

Questo il programma di questa sessione d’incontri

Lectio Magistralis Triennale Milano

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MIA – Milan Image Art

MIA FAIR blog Efrem Raimondi

MIA, cioè Milan Image Art.
11-13 aprile… chissà perché ho sempre pensato durasse una settimana. A Milano tutto è formattato sulla settimana: Milan Design Week… Fashion Week e sicuramente qualche altro Week sparso.
Invece no: tre giorni.
Questa però è una chicca alla quale ho il grande piacere di partecipare.
Con una fotografia: L’Uno.
Il mio tram. Che mi ospita spesso. E io lo ritraggo.
Ma nello specifico è solo un dettaglio.
Una chicca vera Portfolio Milano. Nato da un’idea di Daniela Parolini, moglie di Patrizio Parolini, il mio adorato stampatore… quello che io gli davo dei negativi, sviluppati da Daniela, e lui mi restituiva delle stampe BN che urlano ancora.
Ogni tanto il rito si ripete anche adesso.
Non a caso il link Studio Parolini è nel blogroll di questo blog.
Da sempre. Ne riparlerò. Giuro.

MIA FAIR - L'UNO by Efrem Raimondi

Daniela è milanese e ama Milano. E c’è l’Expo. E tutti ne parlano in un modo o nell’altro.
Capisco bene cosa si prova… perché se pensi a Milano hai Jannacci nel cuore.
E lo vorresti urlare. Proprio come faceva lui.
Daniela ne parla con il fotografo Alessandro Scotti e con il GRIN – Gruppo Redattori Iconografici Nazionale – e si arriva al punto di questo omaggio fotografico a Milano: la galleria Bel Vedere Fotografia organizza, da sei anni credo, la mostra Prima Visione il cui soggetto è Milano ritratta nell’anno in corso… una immagine dell’anno prima non vale.
Sono molti i fotografi che hanno esposto, perché è di una collettiva che si tratta.
In questo cofanetto di cartone spesso che richiama palesemente quelli delle carte ILFORD, ce ne sono 24. Non ho chiesto il perché.
Me lo chiedo adesso…

MIA FAIR – PORTFOLIO MILANO

Quindi 24 fotografie formato 15 x 19 cm, carta Canson Infinity Fine Art.
Nella scatola 16 x 21.
Il progetto grafico è di Maurizio Zanuso e Rosanna Schirer.
La tiratura è aperta. So che al momento ne sono stati confezionati un centinaio.
Prezzo € 95,00. Il ricavato al netto delle spese, verrà devoluto a una ONG… a breve sapremo quale.
Il tutto esposto appunto al MIA nello stand dello Studio Parolini.
Successivamente sarà acquistabile direttamente alla galleria Bel Vedere Fotografia.

È un cofanetto prezioso… mi fa un piacere immenso esserci infilato dentro.

© Efrem Raimondi. All rights reserved

MIA FAIR - PORTFOLIO MILANO

MIA FAIR - PORTFOLIO MILANO

© Efrem Raimondi. All rights reserved

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Energy for Creativity

ITALO ROTA by Efrem Raimondi

Energy for Creativity…
Cioè la Mostra-Evento che INTERNI magazine organizza quest’anno… Milan Design Week. A breve.
Intanto io sto seguendo una serie di incontri.
Conferenze direi…
C’è chi le snobba. Sì, le snobba: mi chiedo il perché…
Eppure sono un ambito stimolante per fare fotografia, proprio perché succedono sempre le stesse cose.
C’è un moderatore che in genere anche introduce… ci sono dei relatori, degli ospiti, fotografi, un pubblico, video, slideshow, domande e risposte, applausi, drink e selfie.
Poi tutti a casa.
La confezione è questa.
Indipendentemente dall’argomento e dal grado di interesse.
Indipendentemente dall’acqua minerale.

In vistadel Salone Internazionale del Mobile, che parte il 14 di questo mese, mi è stato chiesto appunto dalla rivista INTERNI di seguire l’intero ciclo. Che si sta svolgendo all’Expo Gate, Milano.
Proprio tra lo statuario Garibaldi e il Castello Sforzesco.
Il mandato è semplice: visto che sono sempre uguali e fatte due fotografie fatte tutte, vediamo di raccontarle diversamente.
Ecco… diversamente. Cioè?
Ma diversamente da cosa… diversamente?
Ho guardato la lista delle conferenze mirando ai relatori, tutti architetti che hanno realizzato alcuni padiglioni Self Built e Corporate di Expo Milano 2015.
Alcuni famosi famosissimi anche extra ambiente, altri ben ambientati.

Così ho pensato di fare un servizio di pubblica utilità. Spero.
E faccio le facce. Di tutti. Identico approccio a creare un percorso.
E i relatori sono sistemati…
Poi c’è il resto da raccontare… perché non fare un backstage?
Proprio col senso del rapporto tra formale e informale.
Non rompendo il ritmo che la confezione prevede, questo non ci riguarda, noi siamo tutti dei fruitori in qualche modo.
Però manipolarlo è possibile.
La confezione è quella, proviamo a entrarci davvero cercando la traccia che riguarda più l’emotività e meno il fatto.
Questo mi son detto.

Il tutto, nell’immediato, è concentrato sulla pagina Instagram Internimagazine. Poi si dipana anche sul resto del social della rivista. Facebook in primis nell’album Fuorisalone 2015, quindi Twitter.
Ci sarà poi un editing per il cartaceo. Questo a giugno.
Leggero: no assistente, un 28 mm s’una Nikon impugnata con la mano destra e un piccolo flash che muovo con la sinistra. Talvolta cambio. Questo per il ritratto.
Impugnato come capita un iPhone 4s per tutto il resto.
Il lavoro non è ancora finito. Anzi è appena iniziato.

© Efrem Raimondi. All rights reserved

MICHELE DE LUCCHI by Efrem Raimondi

Michele De Lucchi

DAVIDE RAMPELLO by Efrem Raimondi

Davide Rampello

MARCO BRANDOLISIO by Efrem Raimondi

Marco Brandolisio

Sergei Tchoban by Efrem Raimondi

Sergei Tchoban

ITALO ROTA by Efrem Raimondi

Italo Rota

Italo Rota by Efrem Raimondi

Energy for Creativity by Efrem Raimondi

Energy for Creativity by Efrem Raimondi

Energy for Creativity by Efrem Raimondi

Energy for Creativity by Efrem Raimondi

Energy for Creativity by Efrem Raimondi

© Efrem Raimondi. All rights reserved

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Bad Boys – Bad Photography

Bad Boys - © Efrem Raimondi

 

Bad Boys. Ma anche Bad Girls.
Insomma BAD PHOTOGRAPHY, cioè quella fotografia sospettata di connivenza col soggetto.
Perché l’archetipo funzioni occorre che il soggetto sia famoso e infame.
Dove: famoso è un fatto riconosciuto unanimemente; infame è invece una soggettiva, e ha a che fare con una valutazione morale urlata da una parte della cosiddetta opinione pubblica direttamente in faccia alla parte avversa.
Bene/male, buoni/cattivi, solita solfa.
Vietato astenersi: gladiatori virtuali… gladiatori felicemente abbonati in poltrona.
Poi ci sono casi limite dove l’infame è solo contro tutti: unanimemente infame a pulire la cattiva coscienza del mondo.
Infame dopo, magari. Come Lucifero. E chi l’avrebbe mai detto…
Soggetti fantastici. M’interessano anche di più. M’interessa andare a vedere nel dettaglio come li avevo ritratti quand’erano arcangeli, che magari…

Però ecco, quando fotografo di tutto ciò non me ne frega niente.
Nessuna barriera morale da erigere. Libero da pregiudizi e preconfezionamenti assortiti mi occupo della persona che ho davanti.
È la persona che mi interessa, che in un face-to-face rivela lati meno appariscenti, dettagli inaspettati.
E questo è il mio punto. Qui mi fermo tutto il tempo che occorre.
Prima di scattare. Poi scattando tutto si definisce abbastanza velocemente.
A volte con chiarezza, a volte meno. Ma in un percorso così c’è da preventivarlo: nulla è scontato. Nulla è predefinito.
Se poi ti basta il mezzo busto con dietro la bella libreria a descrivere le gesta intellettuali del grande statista, piuttosto che la poltrona preferita e la tappezzeria a ramages che fa ambiente, tranquilla che te le porto a casa.
Ti accontenti di poco però.
L’errore in cui OGGI spesso si incappa, è di pretendere una fotografia senza fotografo.
E si vede.
Perché fotografo definisce una persona che ha un’idea di fotografia. Non uno che fa fotografie. E più l’idea, l’architettura, è precisa più lo riguarda. E lo identifica.
E anche questo si vede.
Annunciazione! Tutto pensato a tavolino, allineato a un diktat e appiattito al compitino da svolgere, col ritratto non funziona. Eh già…
A meno di accontentarsi di un’illustrazione. Che appunto non è fotografia.
Dite di no? Dite che è polemica sterile? Ok, chiedo scusa, non mi soffermo… il mio intento è un altro. Ciao.

Occuparsi della persona, e non del giudizio, non significa non avere un’opinione.
Ma se proprio, mi rivolgo all’etica e non alla morale contingente.
Insomma… la fotografia didascalica non fa per me.
Forse è proprio così: me ne frego della Storia.
E la fotografia non emette giudizi. Non la mia almeno.
Eppure è successo. Di essere stato redarguito per aver ritratto Tizio e Caio.
Addirittura Sempronio!
Il fatto in sé costituiva la colpa. Perché certificava la mia accondiscendenza ai valori/disvalori attribuiti all’innominabile.
Intercettato in rete:
”Ma hai visto i suoi ritratti?”
”Sì sì, c’è proprio un sacco di bella gente: Berlusconi e anche Andreotti. Una fotografia asservita. Punto e basta”.

Quando ritrassi Piersilvio Berlusconi, preventivamente e cortesemente mi venne chiesto se me la sentivo. Non in maniera così diretta naturalmente, ma la sostanza ho dedotto fosse quella.
Ero stupito: sono un fotografo, ritraggo la gente e non emetto sentenze di alcun genere. Solo regolare fattura una volta consegnato il lavoro.
Con Andreotti poi… quando venne pubblicato il trittico mi arrivarono due mail di amici di quand’eravamo giovani, belli, intelligenti e sulle barricate insieme, che mi accusavano di complicità: non si fotografa certa gente. Ti sei reso complice. Punto.
Complice??? Ma io non vedevo l’ora di ritrarre Andreotti!
Ci sta tutto… la fotografia evoca diversamente e a ognuno la sua visione.
Sulla sponda dei buoni non so scegliere… i santi mi interessano meno: se questo è il parametro preferisco ritrarre i demoni.
A qualcuno potremmo anche far indossare uno zainetto Prada, che il marketing ci tiene.

Tutto ciò non accade se l’infame non è famoso. Anzi, se non è famoso non è neanche infame. E l’accezione bad boys si tinge di romantica commozione.
È la convenzione che si riserva al disagio.
Alla fotografia del disagio nello specifico. Che assume un’aura nobile, socialmente rilevante. E nessuno ti imputa niente.
Mentre è qui che più mi scandalizzo nel vedere stracciata ogni etica.
Per me cambia niente: m’interessano le persone.
E tutte hanno un nome e un cognome. Punto.

© Efrem Raimondi. All rights reserved

Bad Boys - Bad Photography

Piersilvio Berlusconi, 2006. Negativo 4,5/6 cm

Bad Boys - Bad Photography

Giulio Andreotti, 2006. Negativo 6/7 cm

Bad Boys - Bad Photography - Efrem Raimondi

Umberto Bossi, 1996. Negativo 10/12 cm

Bad Boys - Bad Photography - Efrem Raimondi

Mario Draghi, 1996. Negativo 6/7 cm

Bad Boys - Bad Photography - Efrem Raimondi

Massimo D’Alema, 1996. Negativo 10/12 cm

Bad Boys - Bad Photography - Efrem Raimondi

Alessandra Mussolini, 2006. Digitale APS

GIULIA LIGRESTI by Efrem Raimondi. All Rights Reserved

Giulia Ligresti, 2007. Digitale APS

NOEL GALLAGHER by Efrem Raimondi. All Rights Reserved

Noel Gallagher, 2005. Negativo 4,5/6 cm

ALEX SCHWAZER by Efrem Raimondi. All Rights Reserved

Alex Schwazer, 2011. Digitale medio formato

OSCAR PISTORIUS by Efrem Raimondi. All Rights Reserved

Oscar Pistorius, 2011. Digitale medio formato

ZLATAN IBRAHIMOVIC by Efrem Raimondi. All Rights Reserved

Zlatan Ibrahimovic, 2008. Digitale medio formato

BAD BOYS by Efrem Raimondi. All Rights Reserved

Periferia di Legnano, 1981. Negativo 35 mm

BAD BOYS by Efrem Raimondi. All Rights Reserved

Periferia di Legnano, 1981. Negativo 35 mm

© Efrem Raimondi. All rights reserved

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Phone Photography – Mostra

 

Phone Photography - Efrem Raimondi

Phone Photography è una mostra a cura di Giovanna Calvenzi e Claudio Pastrone organizzata dal Centro Italiano della Fotografia d’Autore, a Bibbiena.
20 autori. Dal 28 marzo al 2 giugno 2015.

Ognuno ha a disposizione una cella di 4 metri per poco più di due, finestra e ingresso inclusi. Ex carcere ottocentesco… adesso luogo suggestivo.
Espongo otto opere made in iPhone.
Già pubblicate in questo blog. E su Instagram. Ma anche Facebook.
Tranne due. No, tre.
Stampate al limite: quattro 80/60 cm e quattro 60/60 cm.
Non è la prima volta che stampo queste misure dall’iPhone.
Anche oltre in qualche caso.
Perché il limite, e soprattutto oltrepassarlo, mi affascina.

È un lavoro sull’allucinazione… sulla percezione distorta e equivoca.
Sull’incertezza. Sul dubbio.
Come facevo con la Polaroid a suo tempo.
E questo è il testo che accompagna:

Elaborare il lutto per la scomparsa della Polaroid – POLAROID! – è un tempo privato.
E può anche non risolversi.
Nel frattempo non ci penso. iPhone alla mano non penso… la mia condizione ideale.
Che corrisponde però a quando faccio qualsiasi fotografia. Uguale per le Polaroid di prima.
Quindi non è cambiato niente. E il mio lavoro sull’allucinazione e l’intangibilità può proseguire sereno. Quasi sereno…
Sempre col dubbio che macina, e che confeziona una realtà parallela a me intimamente più consona.
Che sia mossa o sfuocata cambia poco, è solo una condizione diversa della medesima domanda: boh…

Nota a margine.
Già che mi trovo con uno strumento sostanzialmente empirico, punto tutto sul limite.
E stampo grande. Quasi a stracciare il file.

Milano, 2 febbraio 2015.

© Efrem Raimondi. All rights reserved

Questa la presentazione di Giovanna Calvenzi

Questo il testo di Michele Smargiassi

Questo il Comunicato stampa

E queste le immagini…

Efrem Raimondi iPhonephotography. 2014

September 2014

Efrem Raimondi iPhonephotography. 2013

March 2013

Efrem Raimondi iPhonephotography. 2013

March 2013

Efrem Raimondi iPhonephotography. 2013

April 2013

Efrem Raimondi iPhonephotography. 2014

May 2014

Efrem Raimondi iPhonephotography. Fuorisalone, Milano 2013

April 2013

Efrem Raimondi iPhonephotography. 2013

December 2013

Efrem Raimondi iPhonephotography. 2013

November 2013

© Efrem Raimondi. All rights reserved

V I D E O    U P D A T E   April 11
Claudio Pastrone a 360° nella mia cella: grazie!

update

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Workshop. Mi fido di me… adesso.

Workshop - Efrem Raimondi

Workshop…
Fino a poco tempo fa non ne volevo fare.
In generale non li trovavo utili, soprattutto i miei.
Questo per iniziare… come una dichiarazione.

Più di due anni fa feci un post sul tema della didattica, maggio 2012.
Nel quale, tra l’altro, manifestavo la mia diffidenza per i workshop.
Come un fastidio. E pensavo ai miei, non a quelli di altri fotografi. Ai miei e a quei pochi che avevo tenuto.
Dal risultato inadeguato per ciò che ritengo uno standard buono.
Per questo trovavo sempre una scusa e declinavo gli inviti.
Perché costringere in due/tre giorni un percorso che fosse significativo sul ritratto, mi sembrava limitato. E per me limitante.
Ho bisogno di aria, di soffitti alti e che il tempo si fermi…
Il ritratto più di qualsiasi altra fotografia è un tempo sospeso. Quindi anche i relativi workshop si adeguino.
Questo per me.

Non avendo nulla da sommare, io sottraggo.
Ed è nella sottrazione che trovo la fotografia che mi riguarda.
Solo che fare questa fotografia è più semplice che dire come farla.
Perché non si tratta di fissare un binario e montarci sopra, e l’approccio non solo è molto importante, ma soprattutto non è univoco.
Questo era il vero limite, quello che riscontravo.
Aggiungevo però, a fine post, che ne stavo rodando uno.
Cioè un workshop dove il tempo fosse davvero sospeso.
E la sottrazione diventasse elemento visibile.
Dovevo trovare il modo per coniugare la struttura e l’idea che ho di fotografia con un percorso teorico-pratico realmente significativo sul ritratto, che per me ha delle peculiarità non declinabili.
Come l’assenza di effetti speciali dal sapore posticcio, per esempio.
O l’individuazione dell’elemento, magari marginale, che in realtà è l’architrave di tutto il rettangolo fotografico.
Un percorso che mantenga intatta la centralità del linguaggio e la sovranità dell’autore e che proprio nel fare, nel misurarsi praticamente con una situazione standard, sia in grado di rispondere alla domanda Dove ha sede il mio ritratto originario?
Perché si tratta di trovare la propria matrice, senza la quale produrremmo solo delle parodie.
Mi hanno aiutato molto una serie di conferenze che ho tenuto.
E anche la lettura di alcuni portfoli, prevalentemente di giovani autori, dove convivevano determinazione del gesto e una certa balbuzie espressiva. Cosa c’era che non quadrava?
A me era chiaro. A loro no. E proprio nel confronto ho trovato la chiave che mi riguarda. Che riguarda la serie di incontri in programma.

Adesso mi fido di me… adesso ho il workshop che mi mancava.
Bello secco. Modulabile sia in due che in tre giorni.
Non è la verità… in fotografia non esiste.
È solo il mio modo di fare ritratto.
Per cui l’unica condizione all’adesione, è che esista un’affinità.
E che ci sia la disponibilità a disintegrare i cliché.
Non ci sono effetti speciali, confermo.
Né fuochi d’artificio: c’è solo da andare dritti al punto.
Un face to face col soggetto, quello autentico. Cioè noi.
Perché è solo in noi che risiede l’origine del ritratto.
Se c’è, si trova. Se no amen.

Sottrazione è la parola d’ordine.

© Efrem Raimondi. All rights reserved

C A L E N D A R I O
Comincio a maggio, presso la Fondazione Fotografia Modena.
Poi Venezia a giugno, presso CIVITA, Casa dei Tre Oci.
Il calendario si trova nel menù in alto WORKSHOP – ECCETERA, e sarà aggiornato di volta in volta.

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World Press Photo – The Best

Efrem Raimondi Blog


World Press Photo: il più importante premio fotogiornalistico del mondo!
A sentir loro, anche l’unico.
World Press Photo… scandito bene non so perché mi ricorda Palla di Lardo al minuto 1:47: Full… Metal… Jacket!

Full Metal Jacket  - Efrem raimondi Blog

Nato nel 1955… peccato!
Fosse nato nel ’36 l’avrebbe vinto Robert Capa. A mani basse con Morte di un Miliziano.
Poi glielo avrebbero ritirato a mani alte…
Non seguo con trepidazione l’evento, però pare che ultimamente siano più i premi dati e ritirati a far notizia.
A pirlare sul web in questi giorni c’è anche di che sorridere: mio cugino in camporella… la didascalia… ma io non ho letto… lo studio del pittore che non è qui ma è là… il borgomasstro di Charleroi… le orgie paesane…
A me spiace per Giovanni Troilo.
Senza sapere perché. Mi spiace e basta.
Come la crocefissione di Capa. Che è stato un precursore, altro che balle. E aveva visto lungo.

WPP sPhoto Contest…
Non me ne frega niente di schierarmi su faccenducce bigotte.
Dal sapore pretestuoso.
E non si tratta di riscrivere regole tamponanti il democratico flusso digitale – che si fotta!
La vera questione è un’altra.
E cioè che il reportage è morto.
Quel reportage lì, ficcato nella divina teca della verità informativa assoluta, è morto.
Rincorso prima e ampiamente superato adesso da un qualsiasi smartphone a Kabul.
Ne serve un altro.
Che esiste da sempre. E che non ha a che fare con la verità… che ce ne frega della verità? Scritta e imposta da chi? Questa roba dal sapore di Storia mi mette la nausea…
È di fotografia che stiamo parlando.
Del racconto di una vita. Quella dell’autore. Che incontra altre vite.
Nessuna di queste vite è lì per caso.
Dal suo sguardo non pretendo informazioni incontrovertibili, pretendo etica, cioè il rispetto per gli altri. E per se stessi.
Al netto di taroccamenti avulsi, che è solo un fatto di coscienza, cioè di identità con ciò che si sta vivendo. E che per un fotografo coincide con la fotografia che produce.
Cioè dialettica. Mica punti esclamativi!
Qui dentro, dentro questo argine, puoi raccontare tutto. Anche il dolore. Che è roba tua… gli altri davanti, in prestito.
Guarda che si vede quando speculi…

Mi sono fatto un bel giro sul sito WPP…
È come spaccato in due:
http://www.archive.worldpressphoto.org/years
Da una parte una fotografia che se anche non frequento, sento mia.
Perché mi riempie gli occhi di Terra.
E l’altra, recente, che mi è estranea, perché non vedo il fotografo.
http://www.worldpressphoto.org/awards/2015/general-news/pete-muller?gallery=2900401

Dulcis in fundo, tutta la miseria del mondo sparata full frame mi ha fatto rimpiangere le tranquille cartoline di provincia.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

 A G G I O R N A M E N T O   8 marzo: dichiarazione di Giovanni Troilo

TROILO SAID 

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