Mani!

Con mio padre, 1962.

Le mani non sono un’appendice.
Neanche i piedi. Ma perlopiù abbigliati o segati via, contribuiscono meno.
Puntualizzazione dovuta, e anticipata, a precisetti e feticisti.
Tutto ciò che è visibile in un’immagine concorre a determinarne la caratura espressiva.
Anche l’invisibile suggerito… quello la cui assenza è sottolineata: non si vede ma è determinante. A volte è la struttura iconografica.
Le mani non sono un mero terminale geografico, un organo prensile utile alle faccende quotidiane.
E l’articolazione poliedrica di cui dispongono ha valore espressivo. Noi italiani, popolo di gesticolatori, dovremmo esserne consci.
Invece no… pratichiamo il gesto solo in automatico.
Immaginarlo, riprodurlo, vivificarlo, è altra faccenda.
Questo mica solo noi. Però visto che la meniamo all’universo mondo sulla quantità di bene artistico che possediamo, com’è che balbettiamo? Tutta ‘sta memoria che ci appartiene, com’è che la usiamo a singhiozzo? Com’è che la rinneghiamo, ogni volta che volendo essere à la page indossiamo una qualsiasi divisa union jack, anche se straccia, anche se veramente straccia: non se ne può più di sentire che fai una fotografia molto british!
Ma dove? Dove?!
Ma sapete di che cazzo state parlando?
Io sì. È di fotografia che si misura con le persone, di ritratto più pertinentemente.
Dove non c’è obbligo per le mani, ma se ci sono non basta facciano capolino.
Non basta la presenza.
Che generalmente si nota quando assumono quell’espressione imbarazzata, tipica di chi è lì per caso, di chi estraneo al contesto e dissimula, male, una qualche pertinenza.
C’è sempre un che di forzato. Una distonia.
Ueh, sciuretta English speaking griffata made in Italy, te ne sei accorta anche te? Brava.
Il fatto non sussiste, e spesso si è assolti, quando le mani sono dichiarate soggetto. Quando non hanno neanche bisogno di rubare la scena e ne sono al centro.
Come fai a distrarti? Ce le hai messe tu! E il motivo lo conosci benissimo, quello di prima, quello di sempre: le mani raccontano.
Il problema si pone quando non lo fanno in prima persona, quando sono porzione del racconto. Quando apparentemente defilate pesano quanto uno sguardo.
No panic! We are English (famiglia inglese sull’ascensore, in blocco, della torre Eiffel, qualche anno fa).
No panic! Le puoi sbattere in faccia all’obiettivo, le puoi nascondere, puoi farle dialogare tra loro, tenerne una sola, tagliarle.
Qualsiasi cosa insomma, ma occupatene. Quelle mani apparterranno pur al resto della figura… perché improvvisamente separarle? Perché ridurle a basamento del cranio, appoggiarle come un soprammobile dove capita… improvvisamente avulse.
Stanno nella scena anche quando non si vedono! E la sottolineano.
Anche se mute. Perché il punto è questo: le temiamo. Non fosse altro perché ci si incappa spesso, e ogni volta è un dramma. Se non durante, dopo, a giochi fatti. E allora in post cancelli, sposti, aggiungi un dito (anche due, meglio abbondare).
Mentre il problema è prima: guardare cosa sono le mani che hai davanti, che relazione ha con loro il soggetto.
Hanno delle specifiche? Sono gommose, nodose, energiche, mosce?
Impugnano, accarezzano, spolverano? Nude? Inanellate… borchiate come il guanto di un templare?
Qualsiasi cosa, qualsiasi pur di non essere delle comparse imbarazzate. E se fanno qualcosa, che la facciano! Non che la emulino.
Le mani in fotografia… come quando la stringi a qualcuno e la tua avverte che l’altra è morta. Il terminale di un’ameba.
E la tua scappa.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.James Conlon, 2000, GQ mag.

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Joe Strummer, 1999. GQ mag.

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Zhang Jie, 2008. Adriano Salani Editore.

Pierfrancesco Favino, 2003. Vanity Fair mag.

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Dario Argento, 2003.

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Elisabetta Canalis, 2002. Class mag.

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Carlo Pesenti, 2003. Capital mag.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Silvana Annicchiarico, 2012. Ladies mag.

© Efrem Raimondi. All rights reserved. Nek, 2010. Gioia mag.

Cesare Geronzi, 1997. Capital mag.

Little Steven, 2000. GQ mag.

Joaquìn Cortés, 2004. Class mag.

Fernanda Pivano, 2005.

Alessandro Del Piero, 1994. Class mag.

Gigi Buffon, 2007. Men’s Health mag.

Vasco Rossi, 2000. EMI Music.

Maria Cabrera, 1988. Dolce&Gabbana.

Maria Cristina Didero, 2012. Ladies mag.

Contadina, 1984

Valentino Rossi, 2001. GQ mag.

Valeria Magli, 1991. Interni mag.

Cat Power, 2012. Rolling Stone mag.

Giovanni Lindo Ferretti, 2009. Arnoldo Mondadori Editore.

Paola e Chiara, 1999. GQ mag.

Pia Tuccitto, 2007.

Valeria Bonalume, 2012. Playboy mag.

Robin Rizzini, 2012. Interni mag.

Viviana Tomaselli, 2013. Grazia mag.

Alessandra Ferri, 1996. Lo Specchio mag.

Giulio Andreotti, 2006. Grazia mag.

Chiara, 2006. Arte mag.

Fiorello, 2000. GQ mag.

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TABULARASA – Vasco Rossi

Vasco Zone

Vuoi venire con me in America?
Era Tania Sachs al telefono… ottobre 2000. Credevo fosse uno scherzo. Ho riattaccato. Non sapevo che fosse la responsabile della comunicazione di Vasco Rossi. E che non stava scherzando per niente. Così è iniziata per me questa fantastica e complessa scorribanda iconografica nella Vasco ZONE. Non complicata… complessa. Perché fotografare Vasco non è facile. Innanzitutto sono dovuto partire per Los Angeles, io che non amo viaggiare se non in macchina… passi anche il treno se ho poco bagaglio. Finalmente posso parlare di Vasco Rossi! Era ora… ci voleva TABULARASA. Altrove l’avevo già fatto. Qui mai. Per pudore forse. Nei miei confronti… questo blog non ha un anno e come fai a parlare di Vasco se non hai ancora un anno?!
Ma adesso sono legittimato. Adesso carta canta!
Fatto a quattr’occhi (servono sempre entrambi, anche se il mirino della fotocamera ne ospita uno) con Toni Thorimbert.
Lo diciamo anche nella Prefazione, una convergenza rara. Un’esperienza, questa, che mi ha dimostrato che lavorare a un progetto comune è possibile. E adesso direi auspicabile…

Ph. Giorgio Serinelli, c/o Studio Thorimbert

Di questa avventura editoriale devo ringraziare soprattutto Toni: l’intuizione è stata sua. Ma qui non ci si nasconde. Entrambi conoscevamo le reciproche immagini about Vasco. Mica tutte. Ma le più note sì. Poi io posto su FB (chi dice che serve a un cazzo?!) una immagine, quella che chiude il libro e che avevo realizzato un mese prima. Con un Vasco visibilmente provato.  Dentro però c’è tutto il mio affetto per quest’uomo.
Che insomma, qualche giro insieme s’è fatto e qualcosa vorrà dire. Toni vede ‘sto post e pronti via mi scrive. Ci vediamo. Lui aveva la sua maquette pronta per la stampa, volendo. Io la mia. Che stava lì da un po’. Ferma in attesa di qualcosa.  Allora non sapevo di cosa. E io credo poco alla casualità dei frangenti… Mentre sfoglio la sua mi rendo immediatamente conto che la mia è monca. Cioè, intendiamoci, non era male… se passassi il tempo a guardarmi l’ombelico avrei potuto anche credere che fosse una grande storia. E chiusa lì. Ma non era così: era monca! Prima di novembre 2000, Los Angeles, non avevo niente! Manco un autografo… Vasco lo ascoltavo e basta. Vinile prima, cd poi. E questo vuoto non era però un semplice fatto cronologico, fosse stato così me ne sarei rimasto dov’ero col mio pacchetto di foto sottobraccio… no, le immagini che sfogliavo raccontavano un periodo in un modo che condividevo totalmente. Anche emotivamente.
C’è sempre un prima e un dopo. E il dopo è TABULARASA. Così il prima non aveva più lo stesso senso. Questo per me.
Qualche numero magari aiuta a capire: 27 anni di viaggio, dall’85 a oggi per quasi 200 immagini  (sequenze e dittici valgono una).
All’inizio erano quasi 400… troppe: Stefania Molteni, photo editor, ci ha messo del suo e ha contribuito a dare un ordine. Stampata al volo la nuova maquette siamo andati da Gabriella Ungarelli, Mondadori. Che ha gradito.
Tralascio i passaggi intermedi, chi se ne frega. Ora, se sfoglio questo libro mi ritornano forti certe emozioni. E una bella quantità di aneddoti, uno per ogni immagine forse. Certamente per ogni shooting e per il contorno che comporta: mica si passa tutto il tempo a cliccare!
E posso aggiungere persino di essermi fatto delle sane risate in sua compagnia. Perché Vasco è anche allegro (cinicamente allegro): non ostinatamente attaccato alla sua icona… sa scendere dal palco. A differenza di altri. Che tra l’altro il palco, quel palco, l’hanno solo visto da lontano. Un luogo speciale, e non c’è niente come starci sopra e puntare l’obiettivo sul Popolo di Vasco: meravigliose facce da randa!

Imola, 16 giugno 2001. Da TABULARASA.

Lo chiarisco a scanso di equivoci: io provengo da lì. E in quelle facce, in quella eterogeneità mi riconosco. Qualcuno di loro forse ricorderà l’instant book Intorno a Vasco, edito dalla EMI in occasione della mostra omonima che feci alla Galleria Grazia Neri, a Milano nell’aprile 2001: una sorta di diario del mio primo viaggio con Vasco a Los Angeles. Alcune di quelle fotografie sono ancora qui, in TABULARASA. Certe immagini ti accompagnano sempre. Alcune accompagnano più persone. Anche tra loro estranee. È la fotografia. Quella roba che ha la capacità di trascendere il tempo e la sua precarietà. Che regala souvenir diversi. Come certe canzoni.
Vuoi venire con me in America?
Meno male che Tania ha richiamato.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Negativo cover Rolling Stone aprile 2004. © Efrem Raimondi. All rights reserved.

Nel libro, che non è di ma su Vasco Rossi, compaiono diverse persone del suo staff con le quali nel corso di questi anni ho chiacchierato, discusso, cenato, girovagato, lavorato e anche cazzeggiato… e che qui voglio ringraziare: Floriano Fini, Guido Elmi, Danilo ”Roccia” D’Alessandro, Massimiliano ”Macho” Barbieri.
Anche Swan, regista dei live e di alcuni videoclip, col quale ho collaborato ai tempi di Siamo soli.
E Massimo Poggini, insieme in giro per Los Angeles nel 2008, pubblicando poi per Max il libro Vasco Rossi, una vita spericolata.
Grazie anche a Gabriella Ungarelli, Marta Treves, Chiara Oriani, Donata Sorrentino.
A Giacomo Callo e Marina Pezzotta che hanno realizzato la copertina… insomma un grazie a tutta la redazione Mondadori.

Tania Sachs la ringrazio in modo particolare, a lei penso come a una amica.

Le tre Cover.

Ringrazio anche le/gli assistenti che si sono alternati in questi dodici anni di collaborazione vaschiana… in primo luogo Fabio Zaccaro con me a Los Angeles la prima volta. Poi, in ordine seguendo l’impaginato di Tabularasa: ancora Fabio (Roma 2004 – Cattolica 2001), Letizia Ragno (Roma 2004 – Bologna 2009 – Pieve di Cento 2003 ), Nicole Marnati (Sinai e Sharm El Sheik 2004 – Bologna 2004), Emanuela Balbini (Bologna 2009), Giulia Diegoli (Bologna 2012).

A Los Angeles nel 2008 e in altri luoghi, senza assistenti. Spesso con una semplice compatta, che è stata motivo di ironia da parte di Floriano Fini e dello stesso Vasco. Però eravamo tutti più leggeri. E ci si poteva persino permettere di “scambiarci” le foto. Non ne ho neanche una con Vasco… incredibile! Però ho questa sotto.

Giugno 2008, Hotel Melià, Milano © Efrem Raimondi. All rights reserved.

Mai capito perché in questo paese ci siano delle remore a dichiarare il prezzo di un prodotto: TABULARASA costa € 25,00. Per tipologia e qualità di stampa appartiene a una fascia di costo decisamente maggiore. La scelta è dell’Editore, condivisa da Toni e da me. Brossura con alette, formato 25,4 x 18 cm. Pagine 252. In libreria dal 5 dicembre.

Presentazione: 17 dicembre – h. 18,30.
Libreria Mondadori, via Marghera 28, Milano.
Introduce Giovanna Calvenzi. 

                    

T A B U L A R A S A – Anticipazione.

A giorni (mercoledì 5 dicembre) sarà in libreria T A B U L A R A S A,  27 anni di percorso con Vasco Rossi.
Efrem Raimondi – Toni Thorimbert.
Questa è giusto un’anticipazione dell’articolo che a breve pubblicherò.
E questa la pagina FB:
https://www.facebook.com/TabulaRasaLibro?fref=ts

Circa 200 immagini, dall’85 a oggi.
Pagine 252.
Brossura con alette, formato 25,4 x 18 cm.
Arnoldo Mondadori Editore.           € 25,00