Michela Battaglia – TOPOGRAFIA DELLA MEMORIA

Allora… non c’è alcuna relazione di parentela tra Michela e Letizia, entrambe Battaglia.
Michela è nata a Palermo nel 1982. L’ho conosciuta durante un corso che ho tenuto alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, nel 2009.
Poi in NABA hanno ritenuto di fare a meno di me, giustamente, e io l’ho persa di vista per un po’. Mica tanto a dire il vero… perché un giorno mi chiama, ci vediamo, e mi mostra un lavoro sulla MAFIA. Che trovo subito molto interessante. E molto intelligente.
Ma è anche bello! E quel poco di concettuale che fa capolino non si sente neanche.
Meno male.
Quello che pubblico è il catalogo di Michela, della mostra Storia di Mafia, tenuta con Letizia – della quale tutti conoscono il lavoro e non son certo io a poter aggiungere qualcosa – presso la galleria 10b photography di Roma, dal 13 aprile al 29 giugno di quest’anno.
Con le prefazioni di Giovanna Calvenzi e Attilio Bolzoni.
La dedica che Michela mi ha fatto di suo pugno, la oscuro… questi son fatti nostri.

 © Michela Battaglia. All rights reserved.

Questo il link della mostra:
http://www.10bphotography.com/index.php?page=exhibition&id=87&lang=eng

Semplice e basta.

Grazia Casa dicembre 2012 © Efrem Raimondi. All rights reserved.

Non so voi, ma io sono stufo di imbattermi in terrificanti pseudo fotografie che trovano alloggio in buona parte dei magazine.
Mica solo italiani… inutile che si continui a pensare che altrove è meglio e che qui sia concentrata la merda del mondo.
E poi non si fa nulla, ma proprio nulla per cambiare. Ci si piange addosso e basta. E si continua a precipitare nel vuoto assoluto di restyling privi di senso. E le riviste precipitano. Nel gusto ancor prima dei numeri, quelli che dovrebbero servire a tenere in piedi la baracca. Che non scricchiola, sta proprio franando.
Buttare via tutto e ricominciare!
Dicono che non ci sono più inserzioni… le pagine di pubblicità.
E infatti la foliazione è ai minimi storici. Solo che viene il dubbio che la foliazione di prima fosse dopata appunto dalle inserzioni.
Da un bel po’ molti magazine sono puri veicoli del marketing.
Ante web, anche se discutibile, tutto ancora reggeva… ma per quale motivo un’azienda, oggi, dovrebbe investire su un medium brutto e costoso?
Fashion system  a parte, che di fatto usa l’escamotage del redazionale e che evidentemente funziona ancora, tutto il resto non ha ragione di proseguire.
Buttare via tutto e ricominciare!
Ma da dove? Magari da riviste più belle. Fatte cioè meglio. Dirette a un pubblico che si conosce, non che si suppone.
Dirette a un lettore! Non a un affamato di gossip e contorno. Perché anche il contorno, vogliamo parlarne?
All’ennesimo articoletto sul super hotel sette stelle in cima al mondo che ti offre un cocktail al sudore di aquila, o a quello nelle viscere della Transilvania che nel menù ha un consommé di trapollo, un tubero che cresce solo lì, a tre chilometri di profondità, ecco, interessante… ma chi se ne frega!! Il tutto corredato da immagini impossibili da vedere, prese alla rinfusa chissà dove. E impaginate possibilmente peggio.
Un sabato qualunque di un po’ di tempo fa impatto in una cover che mi ha fatto riflettere.
Un crash vero… perché era tutto ciò che più mi disgusta.
Un andazzo che va avanti da un po’. E in effetti è talmente evidente che non ci si accorge. E si pubblica.
Ma è possibile arrivare a utilizzare software davvero fantastici e utili nell’unica versione aberrante?
Alla ricerca del ”famolo strano” sembra un imperativo. Perché?
Sempre in quel sabato che non ricordo, mentre pensavo e scansivo (scannerizzavo o come cazzo si dice) dei miei negativi più o meno datati per un lavoro che avrà a breve luce (TABULARASA), sento urgente un bisogno di semplicità espressiva.
Addirittura sottolineata. Che a guardarla si può persino pensare che io sia ormai altrove.
E forse è vero.
Manco farlo apposta mi telefona Giovanna Calvenzi e mi propone un lavoro per un nuovo progetto che sta seguendo.
Era esattamente la risposta pratica alla mia voglia di mettermi in discussione. Di azzerare le mie certezze.
Il lavoro l’ho fatto, spero veda presto la luce.
Non dipende più da me. Come sempre accade una volta consegnato… poi vedremo cosa eventualmente ne consegue, perché per me rappresenta un bel cambio.
Se guardandosi attorno non ci si riconosce neanche un pochino, forse è il caso di guardare altrove. Non è facile… è come ricominciare.
Ma visto che ultimamente provo soddisfazione quasi unicamente a ritrarre boschi o gatti e solo ogni tanto a ritrarre persone, celebrità per dirla bene (il termine celebrity lo trovo vecchio e presuntuoso, anche se l’ho usato in passato), vediamo se riesco a disintossicarmi un po’. 
E questo servizio che pubblico, per Grazia Casa di dicembre, numero natalizio, è esattamente in questa direzione.
Quattro grandi chef: Enrico Cerea, Carlo Cracco, Robero Okabe, Marco Bianchi… in ordine di pubblicazione.
Tutto molto molto semplice, luce inclusa (ma del resto io uso sempre una luce semplice). Li ho spezzati in due, proprio due scatti diversi. Una roba che ogni tanto mi concedo. E che la redazione ha accettato.
Un vezzo punk in tanto bianco.

 © Efrem Raimondi. All rights reserved.

Assistente fotografia Giulia Diegoli
Fotocamera Hasselblad H3D II-39 con 50/3,5.
Luce, Flash Elinchrom.

Lo sguardo del gatto

Gattoterapia, by Efrem Raimondi

Roma, 1999. Polaroid © Efrem Raimondi. All rights reserved.

Sembra un fuori tema. Ma non è così.
Sembra una declinazione da social network, ma non è affatto così.
Io amo fotografare i gatti.
O meglio, amo i gatti. E li fotografo per come mi si presentano.
Detesto la deriva caricaturale antropocentrica fatta di cappellini, occhiali, scarpe e
ciarpame assortito che riduce tutto a sberleffo.
E inoltre svilisce il gesto fotografico.
Quindi, forse, è il caso che CHI FA FOTOGRAFIA continui a farla nel modo che gli è consueto.
La Adriano Salani Editore mi chiese tempo fa se mi andava di illustrare un libro sul gatto… ne abbiamo fatti due:  Gattoterapia (2004) e Gattoterapia, gli esercizi (2005).
Ed è stato facile: mi sono limitato a un editing delle fotografie che già avevo dei miei gatti. Sono immagini semplici, dirette… delle snap, dei ritratti, piccole sequenze. Non diverse da altre fatte a gatti incontrati per strada. Non diverse da come mi approccio alle persone.
Non diverse.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Gattoterapia, by Efrem RaimondiGattoterapia, by Efrem RaimondiGattoterapia, by Efrem Raimondi© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.© Efrem Raimondi. All rights reserved.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Fotocamere:
Polaroid SX-70 e 690 SLR, Ricoh GR1s e GX-100, Leica Minilux, Nikon FE, Hasselblad H3DII-39

Film:
Polaroid SX-70 e 600, Fuji NPS 160, Agfapan 100 e 400.