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L’idiozia della fotogenia! 2012
Piano Americano – DUE, ottobre 2002
Bigino da combattimento sulle convenzioni del ritratto.
Mi piace ripetermelo: raramente una bella immagine è l’immagine di qualcosa di bello.
Dico ripetermelo perchè tanto poi a esserne fautori non si è mica così tanti: in una assemblea di addetti ai lavori, magari dal tono annoiato che non guasta, tutti pronti a levare la mano… ma poi, non appena ci si distrae dal trend (quella cosa che si insegue come un aperitivo o una inaugurazione… lo stesso) ecco le levate di scudi.
Finché si parla d’altro va bene, ormai tutto è stato digerito e vomitato. Ma col ritratto no. Soprattutto col proprio, che se non è edulcorato a puntino non lo si riconosce.
E lo si rispedisce al mittente.
Il problema della riconoscibilità diventa un fatto di dignità, di passaporto per l’immagine: è il problema della memoria, della relazione tra noi e il ricordo di noi stessi.
Il ricordo di noi stessi… un’icona inviolabile e inalterabile. Una roba simile al look.
Primo punto sostanziale: chi se ne frega.
Non ritraggo con la demagogica presunzione di restituire una memoria che non mi appartiene: io racconto la mia storia.
E la memoria è la mia.
Con tutto il resto funziona: col paesaggio urbano e non, con la moda e lo still-life, persino col food, il formaggio svizzero e le famiglie dissestate inglesi. Con le tentazioni pedofile.
Col reporatage, quello colto e un po’ saccente, tanto incline alla lacrima e alla miseria.
Si è disposti a tutto col resto, a ubriacarsi d’immagine e stracciarsi entusiasti le vesti e far finta che va tutto bene e che ci piace la minestra.
A comando ci ficchiamo in code chilometriche per la visione de La Dama con l’ermellino, quella leonardiana o di chiunque altro. Ce ne stiamo umili in saio pronti alla rivelazione del ritratto. Sicuri che così sarà.
Secondo punto sostanziale: così non è.
Il ritratto rivela solo all’autore, che è l’unico a goderne nell’essenza.
Le popolazioni che temevano il furto dell’anima operato dalla fotografia avevano parzialmente ragione: l’anima resta dov’è, nella stessa sede, solo che è quella di un altro.
Ma non si tratta di una deriva inconsapevole: è una scelta imprescindibile per chiunque usi un linguaggio, a discapito anche delle convenzioni grammaticali e dei riti sociali.
Per questo la fotogenia è un’idiozia, un concetto vuoto, perché ha a che fare con la gradevolezza, che è puro fatto mediatico.
Il linguaggio è altrove.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
Nota: questo testo è stato la traccia di due conferenze, la prima nel 2003 a Savignano sul Rubicone in occasione del Festival Foto, la seconda a Milano alla Fondazione Forma in occasione di Fotografica 2009.
Oggi l’ho manipolato per questa di occasione, ma il concetto è lo stesso: la fotogenia non esiste!
Polaroid 55. Riproduzioni di RX.
Playboy n. 33: pole dance.
La prima cosa che ti dicono, proprio subito, è che la pole dance non è lap dance.
Questo distinguo risulta fondamentale, visto che stai fotografando per Playboy. Solo che le cose si complicano: come fare a rendere sensuali movimenti e pose al limite della gravità… come diavolo fare? Di fronte avevo delle atlete, altro che fanciulline col fine della seduzione. Ognuno ne tragga le proprie conclusioni. Io ho tratto le mie. In considerazione del fatto che questo magazine sta cambiando molto. Per questo ho ritratto non pensando a Playboy… avrei fatto lo stesso per qualsiasi altra rivista.
Fotograficamente la domanda è questa: è possibile scattare senza l’ombra di un format iconografico? Oggi credo sia indispensabile per un fotografo. Oggi più che mai.
Ed è possibile che i giornali stessi ne traggano beneficio? Un tempo era così. E checchè se ne dica la qualità media era decisamente più alta. Ma decisamente.
© Efrem Raimondi. All rights reserved.
E poi c’è questa snap a Valeria Bonalume… non pubblicata. Chissà perché me lo sentivo. Ma non so sottrarmi.
Credit: foto ass. Giulia Diegoli, stylist Ornella Fontana, make up Marina Donato, location Milan Pole Dance Studio.
Testo di Sara Emma Cervo.
Un grazie particolare a Krystel Arabia, Nadia Scherani, Valeria Bonalume, Kimmy Street, Sarah Genova, Samantha Fabbrini.
E a Alessandra Cantoni, ufficio stampa MPDS
Fotocamera: Hasselblad H3D II-39, con 50 e 80 mm
Flash: Broncolor