Lista impossibile

Avrei voluto fotografare Charles Bukowski, perché aveva paura.
E anch’io ne ho.

Avrei voluto fotografare Bohumil Hrabal, perché conosco il rumore della sua solitudine.

Avrei voluto fotografare Dino Buzzati, perché oltre ai racconti possiedo un suo disegno… un carboncino di demoni neri. Che volano e inforcano.

Avrei voluto fotografare Bacon… Francis pittore, perché dilaniato senza tregua.

Avrei voluto fotografare Diane Arbus. Nuda com’era.

Avrei voluto fotografare Stanley Kubrick, perché non aveva morale.

Avrei voluto fotografare Céline, perché sorrideva alle tenebre.

Avrei voluto fotografare Brian Jones. Senza gli Stones, che mi stanno sul cazzo.

Avrei voluto fotografare i Beatles, tutti insieme, perché non c’è mai stato alcun match.

Avrei voluto fotografare Pier Paolo Pasolini, perché con una faccia così.

Avrei voluto fotografare Michail Bulgakov, perché mi ha accecato con  polvere e diavolerie e a occhi chiusi ho volato.

Avrei voluto fotografare Richard Avedon, perché il maestro.

Avrei voluto fotografare Raymond Carver, perché prima o poi l’amore arriva.

Avrei voluto fotografare Anna Magnani, perché bellissima.

Avrei voluto fotografare Caravaggio, perché non so dire come.

Avrei voluto fotografare lo zio Walter Benjamin, per far piacere a Laura.

Avrei voluto fotografare George Best, perché uno contro tutti.

Avrei voluto fotografare Jim Morrison, perché voleva morire grasso. E c’è riuscito.

Avrei voluto fotografare Calvino, con Agilulfo, Gurdulù, Bradamante, Rambaldo, Sofronia, Torrismondo e suor Teodora. Perché mi piacciono i gruppi di famiglia.

Avrei voluto fotografare Rino Gaetano, perché calabrese surreale.

Avrei voluto fotografare Johan Cruijff il visionario… tutto il calcio del mondo.

Avrei voluto fotografare Sid Vicious, perché non aveva confini.

Avrei voluto fotografare Enzo Jannacci, perché… perché… cont i oeucc d’un fioeu. *

Noi lo sappiamo, siamo di passaggio.
 Dopo di noi: nulla di notevole.
Per questo avrei voluto fotografare Bertolt Brecht.

Ma non è più possibile.

Non è più possibile.
 Non più…

Chi continuo a fotografare è Dio.
Ogni volta che incontro lo sguardo di un gatto.

Mi basta.

Della roba possibile chi se ne frega.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

bukwithcat_3 by Michael Montfort

Charles Bukowski e il suo Gatto Bianco ritratti da © Michael Montfort.

* con gli occhi di un bambino.

Nota: Questo pezzo l’ho già pubblicato nel 2013.
Purtroppo la lista si è allungata.

Il 4 settembre intervista pubblica a cura di Enrico Ratto per Maledetti Fotografi.
Presso Spazio LABottega a Marina di Pietrasanta, h. 18.30 – Ingresso libero

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Johan Cruijff il visionario

Johan Cruijff - Efrem Raimondi Blog

 

Johan Cruijff…
Ma questo è un blog di fotografia!
Però è il mio…
E al centro ci sono due cose: la visione e il linguaggio.
La visione ha direttamente a che fare col fatto di essere visionari, di andare cioè oltre il visibile.
Che prende però forma.
Attraverso il linguaggio che ti appartiene.
Espresso concretamente nell’ambito che più ti riguarda.
Non importa quale sia il medium: il linguaggio, quello assoluto e che se ne fotte delle convenzioni, è riconoscibile ovunque.

Johan Cruyff è il calciatore che più ho amato proprio per questo.
Non è stato semplicemente un divino interprete – secondo solo a Maradona nella mia personale classifica – ma un rivoluzionario.
Uno che ha preso il football così com’era e l’ha sconvolto proiettandolo in un futuro che era inimmaginabile.
E che ci troviamo ancora tra i piedi.
In questo, nessuno come lui. Mai.

Ero poco più che bambino quando lo vidi la prima volta.
1971: non si sapeva neanche che in Olanda giocassero a calcio…
E viene fuori questa meraviglia di Ajax.
E un attimo dopo la nazionale olandese con quell’arancio che vedevi anche in bianco nero.
Il mio sguardo è cambiato.
Lì mi è stato chiaro che si può vivere di utopia.
Che è un bene prezioso se intendi usare il linguaggio.
E non importa se perdi.
Perché mentre l’Ajax ha vinto tutto, è incredibile che quella nazionale, la più grande che ci sia mai stata, non abbia vinto niente.
Sempre seconda.
E chi se ne frega.
Perché ha cambiato lo sguardo.
E ciò che sei in grado di percepire e restituire, se riesci, ha un peso specifico enormemente più elevato delle medaglie che ti vengono attribuite. E che sfoggi tutte in fila sul petto.
Le medaglie non mi ammutoliscono.
Il linguaggio sì. La visione che sai restituire, sì.

Johan Cruijff ha ammutolito tutti.
Un artista che ha usato il pallone per esprimere la sua visione del mondo. Che era un altro.
E tutto nasce da una sua considerazione semplice, quella che ha sconvolto tutto:
È dimostrato statisticamente che in una partita di novanta minuti ciascun giocatore, in realtà, ha la palla tra i piedi per 3 minuti, in media. Quindi la cosa più importante è cosa fai durante gli 87 minuti in cui non hai la palla tra i piedi?
Domanda semplice dalla risposta complessa.
Uguale in fotografia.
Ciò che mostri è il prodotto di un altro tempo.
Nel quale converge la visione che hai del mondo.
Vale per tutto se vuoi dire qualcosa.

Trovo inaccettabile che se ne sia andato.
E provo un dolore vero. Per questo son qui a dirlo.
Devo tantissimo a Cruijff, perché mi ha regalato gioia.
Quella vera. Quella che non sai neanche trovare le parole.
Solo immagini.
Indelebili.
Che per me sono tutto.

Non posso mettere il credit alla fotografia… cercato ma non recuperato l’autore.
La trovo bellissima.

Johan Cruijff, tutto il calcio del mondo.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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