Tempo e Luogo

© Efrem Raimondi - All Rights reserved
Tempo e luogo…

Questo tempo presente che ne ha uno alle spalle.
E questo luogo, sempre lo stesso, al quale consegnare tutto ciò che hai di più intimo.
A volte indicibile.
Sempre esprimibile.
La fotografia, che mi ha salvato la vita…

La fotografia, che può salvare la vita.
Così tu, fanciulla con la fotocamera che mi guardi attonita, smetti di pensare.
Molla tutto e seguimi un attimo: il tempo di questa pagina inutile.
E visto quanto efficace sia stato per l’intero pianeta l’elogio dell’utilità, dammi retta, riabilita l’inutilità.
Per me un contraddittorio vitale.
Après.

Una duplice relazione col tempo: quello umano, che in fotografia è uno spazio emotivo, mnemonico. Culturale.
E quello tecnico, l’esposizione: una misura spaziotemporale… Espressione fisica che si relaziona con la capacità o meno di accedere a tutto ciò che è nostra intenzione mostrare.
Questi due tempi hanno una dialettica stretta.

Ma oggi, proprio oggi che l’estate per me finisce, oggi è solo memoria.
E tu lì attonita…

La fotografia ha una relazione vitale col tempo.
Forse per questo sono fotografo… l’idea di bloccare questo trascorrere che a un certo punto, adesso, trovo orrendo.
Di sconfiggere la morte. Congelando tutto.
E c’è stato un periodo, una ventina d’anni frenetici, in cui ci ho creduto.

Era un’illusione meravigliosa e reale.
Non pensare…
Io non penso.

Quando si fotografa conta solo il presente.
Quello stretto.
Quello dettato dall’otturatore.
Come un metronomo e tu all’unisono.
Non pensare…
Il tempo del pensiero è prima.

E dopo.
Questo dopo, adesso, fa i conti con chi ho ritratto e non c’è più.
Questo dopo, adesso, fa i conti con le mie vite interrotte.
Tutte, oltre l’antropocentrica idea di specie.
Della quale non solo me ne fotto, ma è proprio il nemico da abbattere.
Spaccare lo specchio nel quale ci riflettiamo è una necessità vitale.
Après 2…


Questo dopo, adesso, fa i conti con ciò che produco ed è certo, non produrrò più.

E vale per tutti.
Anche per te.
Abbiamo un solo tempo: la fotografia che facciamo.
L’unico appiglio è ciò che congeliamo.
E se ha respiro, avrà autonomia e vita.

Se no che crepi con noi.
E con questo si può chiudere la relazione con l’attualità.

Ma sai che cazzo me n’è mai fregato dell’attualità?

Un tempo dilatato…
Un tempo relativo…
Un tempo che inculi la Storia. E i suoi dattilografi.
Una visione che sorprenda l’anima.
Un’overdose.
Come un rallenty…
Come la potenza del silenzio di Benjamin.
Come il pugno di Lenin.
Come l’allucinazione di Céline.
Come la polvere di Bulgakov.

Come il gatto bianco di Bukowski.

Un tempo per vivere…
Senza trucchi mediatici: facci solo vedere cos’hai da dire.

Mostralo…
È la fotografia.
Usala.
Questo è il tempo.

Il mio. Il tuo. Il nostro.
Non l’abbiamo scelto.
Ma possiamo manipolarlo.
Facciamolo.

Acquisisci la grammatica che ti assista, e butta la rivistina trendy e paracula… non ne riconosco una.
Maledetti fotografi. Benedetta inattualità.

E tu attonita…

C’è anche il LUOGO.
E questo non è banalmente un escamotage.
Ma uno spazio che conforta.
Uno spazio deputato, preciso, circoscritto, riconoscibile dove mettere tutto ciò che ci riguarda e ha forma.
Non è un concetto, è proprio un luogo reale.
Uno spazio autonomo.
Dove il tuo essere attonita cessa.
E sei nuda.

Il luogo che ha evitato mi sfasciassi…
E patologie permettendo, c’è ancora spazio.
Le fotografie, ognuna di loro…

Voglio che le cose, le persone e tutto quanto, non camminino con me.
Altrimenti non sarei sopravvissuto.
Deposito…
Se non sollecitato, non ci penso.

Le hai fatte? Hanno forma? Bene!
Lasciale.

Il latino ha una parola meravigliosa: REPOSITORIUM.
Che è un luogo fisico. Reale.

Dove depositare oggetti anche preziosi.
Anche sé stessi. Noi.
Decantazione.
Quiete.
Lì tutto. Demoni compresi.
Anche l’inconfessabile, la presunzione, l’arbitrio… lì tutto è ammesso.
L’archivio della tua vita.

E tu ricominci a respirare il presente.
Che non c’è altro luogo.

Come un tattoo:
Omnia bona mea mecum porto.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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THE VOICES – IO RUBO LA LUCE

v i d e o

Il suono dell’otturatore conforta: sai che è fatta.
Sai che è lì.
Hai rubato un po’ di luce.
L’hai sottratta al mondo e nessuno può dirti niente.
Almeno fino a quando non la restituisci.
Non sempre con gli interessi.
E allora, nel dubbio, decidi di buttarla preventivamente.
Tu butti la luce!
Tu non mi credi…
Con la pellicola è raro che accada… difficile buttare un negativo.
Poco importa che luce ci sia dentro.
Quella matrice solida, tangibile, visibilmente inerme e incolpevole occupa uno spazio credibile allo sguardo.
Difficile buttare quella luce. Magari la ficchi da qualche parte chissà dove, ma l’idea di prenderla a forbiciate ti devasta l’anima.
Anche se persa nel tempo e nello spazio, quella porzione di luce si conserva.
Tu non mi credi…
Col file no. Col file chi se ne frega.
Il file senza immagine è il nulla. Il virtuale ipotetico.
Senza alcuna parvenza di niente. Che forma ha il file?
Quale il suo peso? Come diavolo gli girano gli atomi?
Così butti niente. Tu pensi… e ti rincuori.
Fai tutto tu insomma: sottrai, non restituisci e ti assolvi.
Tu butti la luce!
Tu sei un criminale…
La luce è un bene comune. Primario per tutti.
E per tutto… anche una sedia lo sa.
Qualsiasi colore lo sa.
Che si veda o meno, la luce c’è. È generosa e non fa distinzioni.
Chi sei tu, per fregartene?
Chi sei tu, per esercitare un simile arbitrio?
Chi cazzo sei?!
Pensaci… è più la luce che restituisci, o quella che butti?
Ribaltare l’andazzo è una priorità… potrebbe non essercene più a furia di buttarla.
Potrebbe, la luce, incupirsi e decidere di azzerare gli iso che hai.
Potrebbe fare una combine col tempo, estrema, e non avresti più neanche quello.
Non sentiresti più la voce della luce.
L’urlo. A volte il sibilo.
Perché la nostra luce ha voce.
E io l’ho registrata.
Modulata attraverso le diverse fotocamere che ho usato.
Che ho sempre amato. Una per volta.
Io tutto. Io niente. Io non distinguo… una per volta.
Con la loro luce. Che coincide con la mia.
La luce buttata è persa. Non tornerà mai più.

v i d e o

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Ringrazio Simone Manuli per il montaggio video.

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