Fuorisalone 2016 – Openborders

Philippe Daverio by Efrem Raimondi - All Rights Reserved

        Philippe Daverio

Fuorisalone 2016: 20 – 6 – 171.
Dove… 20 le ore lavorative giornaliere; 6 i giorni in questione; 171 le immagini prodotte più un piccolo video, per social, sito, e cartaceo prossimo venturo. Tutto taggato INTERNI magazine.

È il quarto anno che seguo il Fuorisalone con questo percorso e non credo di essere in grado il prossimo. Almeno nella formula che attualmente mi riguarda.
Perché garantisco essere un lavoro davvero tosto. Dove occorre un fisico d’acciaio e un cranio al titanio.
E io non posseggo né uno né l’altro.
Insomma vedremo.

Due sedi: la Statale, alias Università degli Studi, quartier generale della redazione di Interni e la Torre Velasca rosso Ingo Maurer, che è stata indubbiamente il segno di questa Milan Design Week, dove Audi ha organizzato una serie di conferenze davvero notevoli.

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Principalmente con l’ìPhone, quindi Nikon per il ritratto.
Ma poi le carte si sono mischiate.
Non ricordo perché ma francamente non importa.

A differenza dell’anno scorso, luce ambiente.
Tranne per qualche ritratto in condizioni impraticabili.
A volte ho esagerato con l’iPhone, proprio a stracciare il file.

Quella che segue è una sintesi estrema di tutto il lavoro.
Cominciando dai ritratti

Ingo Maurer by Efrem Raimondi - All Rights Reserved         Ingo Maurer

Noriko Tsuiki by Efrem Raimondi - AllRights Reserved         Noriko Tsuiki

Paola Antonelli by Efrem Raimondi - AllRights Reserved         Paola Antonelli

Azzurra Muzzonigro by Efrem Raimondi - AllRights Reserved         Azzurra Muzzonigro

Franca Sozzani by Efrem Raimondi - AllRights Reserved         Franca Sozzani

Wang Pen by Efrem Raimondi - AllRights Reserved

         Wang Pen

Enzo Mari by Efrem Raimondi - AllRights Reserved

         Enzo Mari

Enzo Mari by Efrem Raimondi - AllRights Reserved

Gianluigi Ricuperati by Efrem Raimondi - AllRights Reserved

         Gianluigi Ricuperati

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         Università degli Studi – Cortile della Farmacia
         down, left:
         Gaia Cambiaggi, Maurizio Montagna, Armando Perna, Antonio Ottomanelli
         up, left:
         Filippo Romano, Daniele Testi, Rossella Ferorelli, Francesco Stelitano, Marco Introini

E queste le conferenze. Che anticipo con una domanda: perché snobbarle?
Se l’assignment che hai accettato le prevede, falle.
Se hai un linguaggio puoi fare qualcosa di decoroso e metterci la faccia.
Se poi c’è la curatrice – in genere di seconda e anche terza fila – che ritiene la fotografia di documentazione espressione commerciale, e di conseguenza tu un magütt, io non me ne preoccuperei. E le sorriderei.
Tanto la tua opera, quella appesa alla parete prestigiosa, non scappa.
Né si suicida.
Ma oh artista! ce l’hai almeno un’opera appesa da qualche parte?

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         Torre Velasca – Audi City Lab – Paola Antonelli

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         Torre Velasca – Audi City Lab – Massimo Coppola

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         Torre Velasca – Audi City Lab

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         Torre Velasca – Audi City Lab

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         Università degli Studi – Cortile della Farmacia – Gillo Dorfles in visita

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         Torre Velasca – Audi City Lab

© Efrem Raimondi - All Rights Reserved         Torre Velasca – Audi City Lab
         Marco Balich, Cesar Muntada, Axel Schmid, Francesco Bonami

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         Torre Velasca – Audi City Lab 

Le immagini non sono postprodotte se non limitatamente alle questioni tecniche legate all’esportazione. Più alcuni elementi cromatici. Roba da poter gestire in fretta, ma al meglio, nella sala stampa di Interni. Col sottofondo di interviste a designer. In loop a farci compagnia. Quando ho pensato che sarei entrato volentieri in almeno  uno dei due grandi monitor, l’ho fatto. Deformando arbitrariamente.

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         Stefano Boeri

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         Noriko Tsuiki

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         Ingo Maurer

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         Ma Yansong

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         Chen Ngjiang

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         Marco Ferreri

Per chiudere, questo video che definirei utile allo scopo di rendere chiaro, almeno a me, il concetto di voliera. Solo che io fuori.

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Questa  la parte iconografica. Per quella redazionale Danilo Signorello, della redazione di INTERNI.
Perché non dobbiamo dimenticare che tutto ciò è finalizzato a una rivista. Che anche quando è social, ha un percorso diverso. Più articolato e complesso. Che insegna molto.
Almeno a me.

Michelangelo Giombini ha con me condiviso gli esordi di questo percorso. Quattro anni fa.
Ne è il coordinatore. Ed è un impegno non facile. Lo capisco bene…

E poi una fotografia di backstage fatta da Laura, mia moglie.
Si deduce bene il doppio percorso Nikon – iPhone.
Poi per una questione di mera praticità ho scelto iPhone per la definitiva bn del gruppo.
Ringrazio la mano di chi mi ha sostenuto.

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 Sono stato assistito in tutto ciò da Martina Dalla Bona,  che ringrazio per la cortesia.

Chiudo questa maratona con due lavori sul numero in edicola di INTERNI: una fotografia di gruppo e un redazionale di design… chi dice che non si può fare entrambi?
Mi vengono in mente le parole di Ghirri, che mi spiace scomodare per così poco, però ci vogliono: mi sembrava assurdo che un fotografo potesse fare solo fotoreportage e non riuscisse a fotografare una cattedrale o l’interno di una casa, o elaborare un rapporto minimamente più approfondito con il visibile (visibile vuol dire quello che io sto guardando), con la rappresentazione in generale. da Lezioni di fotografia.
Ecco, vale per tutto.

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da sinistra: Gabriele Chiave, Nika Zupanc, Stefano Giovannoni, Richard Hutten, Andrea Branzi, Sofia Lagerkvist, Anna Lindgren. Testo di Cristina Morozzi. Coordinamento Nadia Lionello, Maddalena Padovani.

Sotto: readazione Nadia Lionello.
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Botero per Zanotta – Drum per Cappellini

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Asterias per Molteni&C – Lloyd per Poltrona Frau

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Zero per Alias – Tang per Driade

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Luce ambiente – Una pura formalità, 3

Vanessa Beecroft by Efrem Raimondi

La luce ambiente è quella che trovi, non la porti da casa…
Ci sono due modi per affrontarla: o usarla, che quasi non la noti o restituirla come fosse il soggetto, e allora la puoi toccare.
E sono due percorsi diversi.
Ambiente: che non è detto coincida con quella naturale.
Ambiente: inclusa l’incandescente giallognola bandita qualche anno fa. Però io ne ho una scorta, tutta in memoria.
Ambiente: quella dei lampioni di notte… quella del sole filtrata dalla finestra e schiantata s’una parete blu. Rossa. Bianca…
Ambiente: quella fredda del mattino. Calda la sera.
Ambiente: quella che la nebbia ti rimbalza in faccia e anche tu chissà dove sei.
Naturale: per definizione quella del giorno. Rigorosamente tarata a 5.500 gradi Kelvin, rigorosamente a mezzogiorno, rigorosamente col sole.
E se piove? E se nevica? E con la luna?
È solo una convenzione, mettiamola così: Naturale è la luce prodotta dal giorno che c’è, in assenza di qualsiasi luce artificiale, messa emotivamente in relazione con l’esterno qualsiasi esso sia.
Ambiente è la luce che determina, marca lo spazio nel quale ci troviamo, sia esso interno o esterno. E riguarda anche la notte che c’è, anche se addobbata a Natale.
Me ne frego delle convenzioni, e così per comodità etichetto tutto come luce ambiente. Cioè tutta la luce che non importiamo artificiosamente. Fosse anche una pila. Tantomeno la luce flash.
Perché poi, Naturale definisce un punto tecnico, mentre Ambiente una realtà promiscua.
E perciò più corrispondente alla condizione fotografica.

La prima luce con la quale ci siamo misurati tutti.
Perché subito riconoscibile; perché comoda; perché non impegna.
Perché non ci si pensa.
Perché non si vede.
Perché non disponiamo di un’alternativa.
Ne siamo in balìa…
Semplicemente non la guardiamo in faccia e le rifiutiamo un’identità.
La trattiamo un tanto al chilo: più è meglio è. Sbagliato.
Poi ti fermi e ti metti a guardarla. Così ti accorgi che una dialettica è possiibile e modulandola, la luce ti asseconda. Una generosità inaspettata.
Tutto ciò in ripresa, non dopo: dopo quando?
La fotografia è adesso, dopo è un altro tempo nel quale barare per dare forma a delle fotografie che fotografia magari non sono.
Adesso è il tempo che ci riguarda.
Per cui in primis, guardare la luce. Che in fotografia è il mezzo dominante. E determinante.
Diffusa e morbida, direzionata e contrastata, in ombra portata o scoperta. E il colore? E il bianco e nero?
Sono tutte domande che non hanno una rispota. Ne hanno varie.

Esiste una luce K, che è il coefficiente teorico della perfetta esposizione: quella esatta per impressionare il supporto che ti pare.
Ancora una quantità… viviamo in un mondo quantitativo. Non mi piace.
Qui però non possiamo fregarcene, ma solo polemizzando con l’idea di perfezione otteniamo l’esposizione che ci riguarda.
La luce ambiente si manifesta. E noi ne vediamo un’altra: quella che ci appartiene.
Questa è la nostra fotografia.
Vale per tutto, mica è una questione di genere.
E vale soprattutto per il ritratto.
Dove modulare la luce ambiente determina la cifra primaria.
Che se fosse un controluce? Un mosso piuttosto che un blocco di granito?
La luce che ci è data è una. La sua lettura ne determina altre.
E restituisce una gamma di volti e anche di espressioni.
La luce che ci è data è sempre una… che l’occhio registra come una soluzione, mentre fotograficamente è un composto. Spalmata in uno spazio più ampio di quello che il nostro occhio percepisce col suo angolo di campo di circa 50 – 60°, e che per convenzione ottica viene approssimato al cosiddetto obiettivo normale, cioè il 50  “Leica”, che in realtà è un filo più stretto.
Come se non bastasse, l’occhio rileva molte più informazioni al centro del campo visivo… E la periferia, che fine fa?
È semplicissimo: se usiamo un grandangolo abbiamo più luce ambiente di quanta ne avremmo con un tele.
E si può pensare che non influisca sul nostro ritratto?

Le immagini che pubblico sono solo esemplificative dell’uso che faccio della luce ambiente. L’unico artificio che mi concedo, quando ritengo, è un Lastolite circolare riflesso in bianco.
Tutto qui.

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Adriana Zarri by Efrem Raimondi

Adriana Zarri, 1984. PM mag. Color Slide 35 mm

Subsonica by Efrem RaimondiSubsonica, 2005. Lo Specchio della Stampa mag. Negativo 35 mm

Valentino Rossi by Efrem RaimondiValentino Rossi, 2001. GQ mag. Negativo 4,5/6

Francesco Bonami by Efrem RaimondiFrancesco Bonami, 2002. Gentleman mag. Negativo 35 mm

Pia Tuccitto by Efrem RaimondiPia, 2007. Album Cover Urlo. Negativo 6/7

Vanessa Beecroft by Efrem Raimondi

Vanessa Beecroft, 2011. Work. Digitale medio formato.

Giorgio Armani by Efrem Raimondi

Giorgio Armani, 2001. NOVA mag. Polaroid 600 BW con Polaroid 690 slr camera

Claude, my brother by Efrem RaimondiClaude – my brother, 1997. Work. Polaroid 600 BW con Polaroid SX-70 camera

Laure by Efrem RaimondiLaure, 1998. Work. Polaroid 600 BW con Polaroid SX-70 camera

Laura and Me by Efrem Raimondi

Laura and Me, 1997. Work. Polaroid 600 con Polaroid 690 slr camera

Annarita and Me by Efrem RaimondiAnnarita and Me, 2013 Work. iPhone Photography

Giorgio Faletti by Efrem RaimondiGiorgio Faletti, 2004. Baldini Castoldi Dalai editore. Negativo 4,5/6

Gillo Dorfles by Efrem RaimondiGillo Dorfles il giorno del suo 104° compleanno, 2014. INTERNI mag. Digitale full frame

Giovanni Bussei by Efrem Raimondi

Giovanni Bussei, 2000. GQ mag. Negativo 4,5/6

Vasco Rossi by Efrem Raimondi

Vasco Rossi, 2000. Campagna stampa Stupido Hotel album. Negativo 4,5/6

Tom Dixon by Efrem Raimondi

Tom Dixon, 2013. INTERNI mag. iPhone Photography

Giovanni Levanti by Efrem Raimondi

Giovanni Levanti, 2014. Istituzionale. Digitale medio formato

Laura Maggi by Efrem Raimondi

Laura Maggi, 2012. Playboy mag. Digitale medio formato

Sconosciuta by Efrem Raimondi

Sconosciuta, 2014. Work. iPhone Photography

Silvana Annichiarico by Efrem Raimondi

Silvana Annicchiarico, 2012. Ladies mag. Digitale medio formato

David Chipperfield by Efrem Raimondi

David Chipperfield, 2014. Grazia Casa mag. Digitale full frame

Laura by Efrem Raimondi

Laura, 2013. Work. iPhone Photography

Annarita by Efrem Raimondi

Annarita, 1995. Work. Polaroid 55. Banco ottico

Cat Power by Efrem Raimondi

Cat Power, 2012. Rolling Stone mag. Digitale medio formato

Zinedine Zidane by Efrem Raimondi

Zinedine Zidane, 2000. GQ mag. Negativo 4,5/6

Boys by Efrem Raimondi

Terremoto Irpinia, 1980. Reportage. Color slide 35 mm

Fuorisalone by Efrem Raimondi

Fuorisalone, 2013. INTERNI mag. iPhone Photography

Fuorisalone by Efrem Raimondi

Fuorisalone, 2013. INTERNI mag. iPhone Photography.

Luce ambiente by Efrem Raimondi

Luce ambiente, 2014. Work. Digitale full Frame

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#stop1here

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Milan Design Week

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Oh!! Non ha piovuto.
A memoria d’uomo, o almeno da quando il Salone Internazionale del Mobile si svolge a aprile, è la prima volta che c’è un sole così.
Ecco… a me personalmente non sarebbe cambiato niente: fisso in Statale, alias Università degli Studi di Milano. Per me un ritorno. E un conto ancora aperto che non si salderà mai.
Così ha voluto chi sovrintende… perché l’anno scorso non si sapeva bene cosa stessi facendo. E iPhone alla mano ho scorrazzato per il Fuorisalone, sostenuto da Michelangelo Giombini che segue i Progetti Speciali di INTERNI mag, e che ci ha creduto subito.
Poi visti i dati e l’utilità, questo percorso social in qualche modo è stato istituzionalizzato.
E mi sono trovato con il badge STAFF al collo.
E i badge hanno un peso specifico, che sul collo si sente.
Non sempre è un vantaggio.
Ho fatto in modo che pesasse il giusto, così la verità è che mi sono affezionato e mentre sto scrivendo lo indosso… questione di continuità.

Questo è un lavoro fotografico trasversale, un reportage vero, di quelli che di solito alcuni snobbano. E mi spiace per loro.
Ogni tanto invece, io ne avrei bisogno.
Perché è come resettare il cranio e azzerare certe abitudini: qui non si può nulla!
Non cambi la luce che c’è… non cambi l’ordine del programma… non interagisci mai direttamente con le persone, né con gli oggetti. L’unica cosa è aggrapparti al tuo sguardo, alla capacità di lettura che hai, chessò, di una conferenza, di uno spettacolo, di una installazione, di una poltrona incollata a una pedana.
Io ho fatto così: mi sono ricavato una nicchia e ho usato la visione periferica. Quella che si occupa del margine, con solo un’allerta sulla scena principale. Che se fosse stato il caso, c’ero.
Ma la mia attenzione vitale era dove la luce non c’era, cioè dove gli sguardi non focalizzano: stemperare la scena madre… due passi indietro ed è fatta. E la visione è altra.
È stato anche il festival del selfie… non avevo bisogno di dire niente, mi allontanavo, alzavo la macchina e scattavo nel mucchio, come con Fabio Novembre: era molto più interessante uscire dalla scena e godersi la via crucis. Con un Alessandro Mendini che guardava e sorrideva paterno.
Sono stato un fotografo silenzioso…
Anche quando si è trattato di Marina Abramovic… non le ho mai chiesto nulla, l’ho preceduta, ben piazzato davanti e a ritroso scattavo. Fino al palco. Ma siccome m’interessava e non mi bastava, l’ho letteralmente spiata. E quando l’ho vista allontanarsi prima che tutto iniziasse, sono andato a vedere: era tranquillamente sola in un corridoio.
È qui che serve il badge, non per fare il figo al bar di fronte.
Prima ho scattato e poi, ma dopo, le ho chiesto solo la cortesia di girare il viso.
Full flash diretto… paparazzata. Stop.
I Phone e Nikon.
Non ho mai ritratto la Abramovic. E questa non era la condizione.
Stessa cosa con Gillo Dorfles. Anzi a lui non ho chiesto proprio niente. L’ho solo puntato e ho aspettato… sapevo che avrei trovato quello che in quella circostanza aspettavo.
E volevo.
Niente ”venga di qui e si sposti di là”.  Tra l’altro era il suo 104° compleanno… grande cranio, grande presenza. Grandissimo senso della scena. L’ho ringraziato e salutato.
In entrambi i casi, questo non è fare ritratto. Malgrado siano due ritratti, Abramovic e Dorfles. Ambientati?
Questo è reportage dentro il caos mediatico.
Per ritrarre bisogna essere gli unici sulla scena armati di fotocamera e possibilità di eloquio… non in mezzo a centomila smartphone e compagnia assortita.  Questo almeno per me. Che ho bisogno del mio silenzio; che non metto mai musica sul set… successo un paio di volte… mica ho a che fare con le modelle. E ho bisogno di un’attenzione privilegiata. Inequivocabile.
Non è una considerazione di merito, è una constatazione: le immagini hanno habitat propri difficilmente intercambiabili.
E non si può far finta che tutto sia spalmabile ovunque. Non è così.
Ho anche inquadrato spesso i colleghi coi quali condividevo la scena.
Perché della scena noi eravamo parte.
Senza di noi non c’è scena.
Oggi, senza di noi non c’è nulla.
Anche se siamo ricattabili e deboli come non mai.
Mica si può credere all’accumulo di smartphonate e casualità iconografica assortita!
Chi lo professa fa della demagogia pro domo sua. O ignora e parla a vanvera.
Ciò che qui pubblico è un lavoro… una selezione delle 517 immagini che compongono Interni Photo Diaries 2014, per il fronte social di INTERNI, incluso il sito e in questo specifico usate da Danilo Signorello nei suoi articoli.
E che poi, ulteriore selezione, verranno pubblicate sul numero di giugno, cartaceo questa volta.
Tranne un’immagine che ho realizzato in concomitanza di un evento di Grazia Casa, per il quale mi sono spostato, tutte le altre sono realizzate tra le mura della Statale.
Salvo  tre immagini che ho ripreso per questo post, le altre sono esattamente quelle postate in corso d’opera: nessuna postproduzione. Di inedite ne ho aggiunte solo un paio circa.
Ogni tanto mi concedevo una pausa. Per fatti miei con un caffè e una meravigliosa Lucky, quelle di cui un giorno ci si potrebbe pentire.
E lì dov’ero, ritraevo ciò che mi faceva compagnia.
In religioso silenzio.

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GILLO DORFLES. IL GIORNO DEL SUO 104° COMPLEANNOmdw_3mdw_3bmdw_4mdw_4bmdw_5mdw_6MARINA ABRAMOVICmdw_8mdw_9mdw_10mdw_11mdw_12mdw_13mdw_14mdw_15mdw_16mdw_17mdw_18mdw_19mdw_20MENDINI-NOVEMBREmdw_22mdw_23mdw_24mdw_24bmdw_25mdw_26mdw_27MASSIMILIANO FUKSASmdw_29mdw_30mdw_31mdw_32mdw_33mdw_34mdw_35mdw_36mdw_37mdw_38mdw_38bmdw_39mdw_40mdw_41mdw_42mdw_43mdw_44mdw_45mdw_46mdw_48mdw_49mdw_47

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In queste immagini, tra gli altri:
Gillo Dorfles, Gilda Bojardi, Marina Abramovic, Michele Molè, Paola Navone, Ernesto Mauri, Philippe Daverio, Piero Lissoni, Patricia Urquiola, Andrea Branzi, Michele De Lucchi, Philippe Nigro, Fabio Novembre, Alessandro Mendini, Moritz Waldemeyer, Massimiliano Fuksas, Lia Bosch, Lavazza, Domus Academy, Cosentino Group, Audi, AgustaWestland, Expo Milano 2015, Designing China Exhibition, Università degli Studi Milano. Il cavo della corrente.