Playboy n 34, Laura Maggi barista

Marzo 2012 © Efrem Raimondi. All rights reserved.

Ci ho pensato prima di fare questo lavoro.
Cinque minuti. Il tempo di vedere il servizio a Le Iene, Italia 1… mi era simpatica Laura Maggi barista! Di lei non sapevo nulla: confesso la mia  distanza dall’attualità. E dal gossip. Non per pigrizia. Né per snobismo (lo pratico, ma i destinatari sono altri). È che non me ne frega niente: la mia fotografia e io siamo soggetti evidentemente inattuali, tutto qui.
Il giorno dopo ho assistito casualmente alla telefonata dell’agente di un’attrice in odore di cover (una, non importa chi), il quale chiedeva ragguagli sul fatto che Playboy – aveva saputo – si sarebbe occupato  “di quella barista di Brescia”… eh, e quindi? Nisba, la protetta non si mischia alla barista… la protetta, indignata, si sottrae.
Protetta in fuga, e con lei il mio atteggiamento da fighetta.
Così domenica 11 marzo siamo partiti tutti quanti per Bagnolo Mella, provincia di Brescia, destinazione Bar Le Cafè.
C’è in giro gente che calca la scena (calca e scalcia); che ritiene di avere il diritto di veto mediatico. Che ritiene di avere privilegi derivati  da un qualche merito: non c’è merito che giustifichi l’arroganza! L’arroganza della bellezza, l’arroganza della bravura, l’arroganza del potere, l’arroganza del privilegio, e soprattutto l’arroganza dell’intelligenza: comunque la si moduli fa schifo.
Playboy è un magazine popolare, cos’è che non va?
E io faccio il fotografo, salvo le pelliccette ritrarrei anche il Diavolo, cos’è che non va?
Laura Maggi in quel modo, alle due del pomeriggio di quella domenica sulla soglia del suo bar… difficile passare inosservati, mio malgrado: c’era mezzo paese che passava di lì. Urla, insulti, applausi e fischi.
La macchina dei Carabinieri che ogni tanto transitava.
Anche quando ci siamo rifugiati all’interno e abbiamo tirato a mezz’asta la clèr * il viavai è stato continuo. Persino un nutrito gruppo di riders rigorosamente in Harley provenienti da chissà dove.
Non so il commissario, né il sagrestano ma il rimbalzo alla Bocca di rosa di De André è stato immediato.
In quella bolgia di paese, 100% italiano, ho scattato le fotografie che vedete. Soggetto, Laura Maggi. Professione barista.

* termine lombardo a indicare la saracinesca.

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Credit: foto ass. Giulia Diegoli, stylist Ornella Fontana, make up and hair Leo Poli.

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Le anticipazioni di questo lavoro che sono state fatte da alcuni, tra web e stampa, con immagini prese chissà dove e relativi commentini sarcastici si fermano qui: queste sono le immagini, se si vuole questo è il soggetto del sarcasmo. Il resto sono frottole.

Fotocamera: Hasselblad H3D II-39, con 50 e 80 mm.
Flash: Profoto

Ritratti in luce ambiente. Ladies mag, aprile 2012.

Marva Griffin. Marzo 2012.                                                 © Efrem Raimondi. All rights reserved.

Due i temi di questo lavoro: la luce ambiente e la semplicità.
C’è, è vero, anche questo sdoppiamento dell’immagine.
Cosa che peraltro faccio da anni. E indipendentemente dalla persona che ritraggo
( http://www.efremraimondi.it/portrait_snaps.php e anche nella sezione ONE per chi ne ha voglia, che già che ti trovi nei paraggi…).
In questo caso un escamotage, confesso: per la rivista Ladies dovevo ritrarre donne diverse tra loro, che in comune hanno un rapporto privilegiato col design. Il magazine mi chiedeva di ritrarle con un loro oggetto d’affezione. Qui sta l’escamotage, perché a me non andava proprio di fare una sorta di didascalia, e gli oggetti avevano dimensioni diverse, alcuni mignon. Allora ho scattato separatamente un up e un down.
Fregandomene delle proporzioni, dei piani e delle coincidenze. Per andare poi a formare un’unica fotografia.
Ma la questione fondamentale è stata usare la semplice luce ambiente.
Semplice… è più semplice usare flash, altro che balle.
Ma cos’è che davvero volevo io? Tranquillità.
Donne, nel loro ambiente, con la luce che c’è, che posano per una fotografia.
Tutto bello dichiarato e lontanissimo da qualsiasi anche lontana velleità di ricerca.
Una bella dose di normalità. Ho l’impressione che a volte ci capiti di produrre della fotografia arrogante. Che si parla addosso. Autocelebrativa. Super ganza, ma niente intelligente.  E io sono stufo. Anche di vederla. Figuriamoci farla.
Molto semplicemente, questa è stata un’occasione.
Malgrado tutto è primavera. Però adesso piove…

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Credit: foto ass. Giulia Diegoli e Lucia Iannuccilli

No make-up artist.

Ritratti in luce ambiente. Gallery

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Luisa Bocchietto, presidentessa ADI, Associazione per il disegno industriale,
Silavana Annicchiarico, direttrice Triennale Design Museum,
Marva Griffin, curatrice del Salone Satellite per il Salone Internazionale del Mobile,
Francesca Molteni, fondatrice di Muse Project Factory,
Maria Cristina Didero, direttrice Fondazione Bisazza,
Barbara Villari, consigliere d’amministrazione COSMIT.

Fotocamera: Hasselblad H3D II-39, con 80 mm.

Hasselblad Master Jury

http://www.hasselblad.com/hasselblad-masters-jury.aspx

Non è semplice essere un giurato… temporaneamente giurato per quel che mi riguarda. Poi vedo qui e là che c’è chi ne fa una professione. Peggio: uno stile di vita.
L’importante è non pensare che da te dipenda qualcosa di fondamentale per qualcuno altro. Perché non è vero. Diffidare di chi sostiene il contrario. Nel dubbio diffidare comunque.
E la tua parola conta semplicemente per ciò che è, cioè una unità.
Essere onesti e fedeli a se stessi ma non prendersi troppo sul serio è una regola generale. Anche quando fai la tua biografia: io non mi ci riconosco mai!
Fatto salvo per i gatti, che confermo essere i miei soggetti preferiti.
Se poi li fotografo o meno non è poi così importante.

A margine… ma a cosa servono i concorsi?

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Playboy n. 33: pole dance.

Pole dancers. Milano, febbraio 2012. © Efrem Raimondi. All rights reserved.

La prima cosa che ti dicono, proprio subito, è che la pole dance non è lap dance.
Questo distinguo risulta fondamentale, visto che stai fotografando per Playboy. Solo che le cose si complicano: come fare a rendere sensuali movimenti e pose al limite della gravità… come diavolo fare? Di fronte avevo delle atlete, altro che fanciulline col fine della seduzione. Ognuno ne tragga le proprie conclusioni. Io ho tratto le mie. In considerazione del fatto che questo magazine sta cambiando molto. Per questo ho ritratto non pensando a Playboy… avrei fatto lo stesso per qualsiasi altra rivista.
Fotograficamente la domanda è questa: è possibile scattare senza l’ombra di un format iconografico? Oggi credo sia indispensabile per un fotografo. Oggi più che mai.
Ed è possibile che i giornali stessi ne traggano beneficio? Un tempo era così. E checchè se ne dica la qualità media era decisamente più alta. Ma decisamente.

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E poi c’è questa snap a Valeria Bonalume… non pubblicata. Chissà perché me lo sentivo. Ma non so sottrarmi.

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Credit: foto ass. Giulia Diegoli, stylist Ornella Fontana, make up Marina Donato, location Milan Pole Dance Studio.
Testo di Sara Emma Cervo.

Un grazie particolare a Krystel Arabia, Nadia Scherani, Valeria Bonalume, Kimmy Street, Sarah Genova, Samantha Fabbrini.
E a Alessandra Cantoni, ufficio stampa MPDS

Fotocamera: Hasselblad H3D II-39, con 50 e 80 mm
Flash: Broncolor

Playboy-Piccinini

Francesca Piccinini, Milano, novembre 2011.

Quando sono stato convocato da Marco Basileo, nuovo direttore di Playboy, e dalla photo editor, Sara Emma Cervo, non sapevo davvero cosa aspettarmi. Il Playboy che avevo sbirciato era lontanissimo da ciò che penso debba essere una rivista.
Questo in generale. Nello specifico poi del soggetto, il corpo della donna, era proprio inavvicinabile per me: merce pura…e neanche rara a dire il vero. Le quattro ore di discussione con entrambi sono state la premessa alle immagini pubblicate nel numero 31, dicembre-gennaio 2012: soggetto, Francesca Piccinini.
Si fa in fretta a dire Playboy…si fa in fretta a bollare tutto di maschilismo. Di questi tempi si fa in fretta anche a chiederne la chiusura. Tra l’altro da un palco zeppo di donne biotte.
Quello che invece non si fa in fretta, è cambiare una rivista.
Playboy è un maschile. Che si occupa non di donne, ma dell’idea maschile della donna. Che contrariamente al luogo comune, non è monolitica: per alcuni andrà bene, ma a me non basta la vista di un paio di tette e due chiappe per armare la fotocamera.
C’è differenza tra nudo e biotto…del primo se ne occupano alcuni, del secondo chiunque. Un po’ come un indossato generoso e uno discinto nella fotografia di moda. C’è una grande differenza. Infatti il primo è fotografia, il secondo pornografia confezionata per accedere all’edicola senza veti, sotto l’ombrello di una rivistina trendy. Ne nascono una cifra di riviste intelligenti che usano una fotografia ammiccante incline alla volgarità, alla mercificazione tosta e subdola. Solo che tinteggiate di glamour sembrano essere un’altra roba. Invece è la stessa merda di sempre. Solo contemporanea.
Ne nascono di troppo intelligenti…ma ce ne fosse una, fatta da donne, che racconta il maschio sul proprio fronte. Invece siamo zeppi di maschili fatti per il maschio, dove la declinazione è semplicemente lo status.
La fotografia che intendo fare per Playboy non ha l’urgenza della figa. Con la complicità della redazione spero di poter raccontare la fascinazione. Quella almeno che sento io nei confronti dell’universo femminile, e che ha declinazioni incommensurabilmente più sfumate del solito ombelico maschile.
Per questo intendo chiedere a Marco Basileo di ritrarre per Playboy Geppi Cucciari

Credit: foto ass. Giulia Diegoli, stylist Michela Sachespi, stylist ass. Alice Pasquale,
hair e make up Giulia Lancia.

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Fotocamera: HASSELBLAD H3D II-39, 50 e 80 mm
Flash: Broncolor

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NON pubblicato…
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