Posato versus Istantanea

Posato versus Istantanea.
Nessun versus… È di ritratto che parliamo, con la consapevolezza che il soggetto,
il perimetro dove tutto si svolge, è quello fotografico.
Quindi in realtà è di fotografia che parliamo. E il genere lo lasciamo agli affezionati della collocazione.
Nessun versus appunto: la contrapposizione è solo il prodotto di una intellettualizzazione distorta. Questo per chi le immagini le legge, le commenta, le usa, le cura e tutta quanta la fauna che ha comunque un rapporto dialettico con loro.

Però non le produce.

Per la fauna che le produce, alla quale appartengo, la contrapposizione invece rischia di essere solo l’alibi per evitare l’una o l’altra. Tradotto, una dichiarazione di cecità.

Il postulato più diffuso prevede l’istantanea avere un grado di nobiltà che il posato si sogna, perché vuoi mettere la naturalezza?
La naturalezza?
Italo Calvino nel racconto L’avventura di un fotografo Gli amori difficili, Oscar Mondadori – usa il protagonista Antonino Paraggi per dire questo:

Il gusto della foto spontanea naturale colta dal vivo uccide la spontaneità, allontana il presente. La realtà fotografata assume subito un carattere nostalgico, di gioia fuggita sulle ali del tempo, un carattere commemorativo, anche se è una foto dell’altro ieri. E la vita che vivete per fotografarla è già in partenza commemorazione di se stessa. Credere più vera l’istantanea che il ritratto in posa è un pregiudizio.

Frontali come un crash emotivo i discepoli del posato.
Che sono una minoranza tendenzialmente silenziosa.
Ma armata di ogni ben di Dio. E di certezze inscalfibili – elenco lungo 85 punti, corrispondente all’ottica presunta preposta, che evito.
La verità non sta nel mezzo. Non esiste e basta.

La cifra di un ritratto si misura con i codici estetici propri dell’autore esattamente come quando si relaziona con un paesaggio urbano o lacustre, un nudo, una sedia, un matrimonio o un trancio di pizza.
Posato e Istantanea non sono codici estetici. Solo due diversi percorsi per raggiungere lo stesso obiettivo: la tua cifra espressiva.
Semmai possiamo discutere dell’autenticità di questa. Che resta l’unica istanza.

Ci sono posati decisamente più dinamici di tante istantanee.
E quando lo sono non si fanno distinguo.
Quando lo sono non pensi IL RITRATTO! Vedi una fotografia.

Nella sua interezza, non solo il faccione al centro. Ma anche la sedia in fondo nell’angolo alto a sinistra…
Il soggetto di una fotografia è la fotografia stessa. Tutto ciò che è visibile esiste e partecipa. Non è un dettaglio ininfluente.
Ciò che non c’è semplicemente non esiste.
E questo è il perimetro entro il quale ci misuriamo.
Che non è mai un luogo statico e noi passivi a cercare un margine di specchio dove rifletterci.

Non solo, ma posando si può indurre all’equivoco e far credere che ciò che si vede sia un’istantanea. Invece no, è un posato. So sorry.
Come questo ritratto a Valentino Rossi: Londra 2001, in studio, per GQ Italia.

Valentino Rossi by © Efrem Raimondi - All Rights Reserved E ha funzionato così: pausa per sistemazione set… mi giro e ho la visione di quell’angolo lì, che non è la vista, ma la sua proiezione.
Chiedo a Valentino di entrare in questa visione. Lo fa.
In mano avevo una compatta analogica, sempre con me, una Ricoh GR1S con un 28 fisso E in macchina, sguardo ficcato nel mirino, mi relaziono con lui.
Questo è ciò che non c’era ma che era visibile se lo percepivi.
Funziona così, non c’è chissà quale alchimia.
Esattamente come questa, con la sua faccia da souvenir.

Valentino Rossi by © Efrem Raimondi - All Rights ReservedDa sinistra: Michele Lupi; Fabio Zaccaro, straordinario assistente; il sottoscritto; Valentino Rossi; Anne – non ricordo il cognome, so sorry – MUA.

Nessun luogo è vuoto. Nessun luogo è dato e inchiodato al telaio di una realtà assoluta e inalienabile. Nemmeno un fondo bianco.
Dipende solo da noi e dalle nostre visioni. Come renderle visibili è il percorso che la fotografia richiede.
Del dualismo posato/istantanea chi se ne frega.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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Juan Muñoz all’Hangar Bicocca

Juan Muñoz by Efrem Raimondi

 

Milano, 1 agosto 2015, h. 18,30: Hangar Bicocca.
Potevo andarci ben prima, visto che questa mostra di Juan Muñoz è lì dal 9 aprile…
Il titolo è: Double Bind & Around.
Potevo andarci prima…
E invece ho fatto bene ad andarci adesso, quando tutti l’hanno già vista.
E quindi mi sono goduto il gigantesco spazio di Hangar Bicocca. Quasi vuoto… una decina i presenti persi in un volume immenso. Splendido.

La scultura è fantastica.
Perché ci giri attorno. Perché ti allontani, ti avvicini, ti abbassi, ti alzi. E cambia.
È ferma. Non si sposta di un millimetro da se stessa… dal posto che le è stato assegnato o dal percorso che le è stato imposto se prevista mobile – e qui ci sono delle opere dinamiche, un paio.
Invece tu sei libero di muoverti . E questo, con la scultura, è fondamentale.

Quello che appare immediatamente evidente in questa mostra è che anche la distanza, lo spazio e la sua sproporzione sono elementi espressivi fondamentali dell’opera di Muñoz… impressionante la scena che subito si presenta appena varcata la soglia.
Ma questa del rapporto con lo spazio, è patrimonio imprescindibile della scultura e delle opere di installazione. Perché coi volumi si misurano sempre. Solo che qui è sottolineato e in sé è linguaggio.

L’unico precedente espositivo di Double Bind, che è il focus della mostra – in tutto altre opere per un totale di quindici – risale al 2001 per la Turbine Hall della Tate Modern di Londra. Poi stop. Questa è la seconda volta.
E della mostra non dico altro: va vista.

Quello che invece c’è, è che trascorso il minuto iniziale in cui resti lì, statico come una mattonella con un hangar sopra, poi con le opere dialoghi. E lo fai a modo tuo.
E questo è il nostro focus: misurarsi, dialogare, metabolizzare le opere che sono di altri.
E quando di opere vere si tratta, la dialettica produce altro.
E ciò che poi tu restituisci, è altro.
Qui mischio le carte, perché ho anche una voglia, e un’esigenza informativa.
Ma la strada che mi affascina è la nuova relazione che puoi creare.
Quando puoi girarci intorno, quando hai davvero di fronte linguaggio solido.
Quando un’opera ti catapulta altrove.
E tu hai l’immediata, imprescindibile necessità di appropriartene.
Come sempre. Come con tutto.
Puoi farlo.
Devi farlo.

Quanto è straordinariamente potente ‘sta mostra…

© Efrem Raimondi. All rights reserved

Juan Muñoz by Efrem Raimondi

Juan Muñoz by Efrem Raimondi
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Juan Muñoz by Efrem Raimondi© Efrem Raimondi. All rights reserved
Nota: tutte le immagini in iPhone 6.

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Juan Muñoz, Double Bind & Around
Fondazione Hangar Bicocca
Milano, via Chiese 2
Tel. +30 02 66111573
info@hangarbicocca.org

Orari:
giovedì/domenica: 11.00 – 23.00
lunedì/mercoledì: chiuso.
Fino al 30 agosto 2015.

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