Milan Design Week – Anteprima

Università degli Studi-Milano, aprile 2013 © Efrem Raimondi

Un’anteprima stringata…
Giro con ‘sto iPhone da un po’. E lo uso anche come mezzo fotografico. Non sono il primo e non sarò l’ultimo. Ma di questo chi se ne frega.
Solo che non mi piace essere dispersivo… allora ho proposto alla rivista Interni (della quale parlerò nel prossimo post) un percorso social per questo Salone Internazionale del Mobile… questo che parte ufficialmente lunedì 8.
Parzialmente random per luoghi, show room, mostre, eventi (mi fa schifo ‘sta parola… proprio il suono), opening.
Trasversale, com’è questo appuntamento annuale.
Mano e sguardo liberi… predisposto a ciò che capita. Persone incluse.
La novità sta nel fatto che anziché essere pubblicato sulla mia pagina Facebook-Twitter, tutto ciò verrà postato sulle due rispettive pagine di Interni magazine. Passo passo… scatto scatto, minimo editing al volo, post in tempo reale. Creando un album di immagini (Interni Photo Diaries, on FB) che verranno poi, più in là, anche usate nella forma nobile, quella cartacea. Quella alla quale, checché se ne dica, i fotografi sono affezionati.
La prima foto c’è già, fatta mercoledì in uno dei cortili dell’Università degli Studi. Dove si sta predisponendo la kermesse made by Interni Hybrid Architecture & Design.
A Milano.
Stop. Ne riparliamo alla fine.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Grazie a Gilda Bojardi, Michelangelo Giombini, Andy Scupelli.

Tu e la tua macchina fotografica…

Ubaldo Dino Mancuso © Efrem Raimondi-iPhone

Reduce dal tour di presentazioni di TABULARASA, il libro su Vasco Rossi, edito Mondadori, la premiata coppia Raimondi–Thorimbert torna a faticare.
iPhone alla mano, immagini e audio, un botta e risposta negli spazi dell’ultimo (triste) Photoshow milanese.
Del tutto casuale la scelta delle persone, bastava che avessero una fotocamera esposta… almeno una. Poi c’era anche chi due… tre! Ho comperato la macchina apposta… mica come quel pirla col telefonino… Questi qui, appena mi avvicinavo e illustravo, declinavano.
Chi con un sorrisetto, chi sgarbatamente… facendomi sentire incredibilmente a disagio. Brutta sensazione.
Ammetto di avere privilegiato anche il grado di conoscenza, diretta, nel caso di un paio di persone incontrate incidentalmente. No premeditazione… no pentimento.
Non casuale invece il senso delle domande. Tre secche:
A – la tua macchina fotografica è femmina o maschio?
B – se ti do lo stesso modello della tua fotocamera ma nuova imballata, mi dai la tua?
C – il tuo/tua partner ama o odia la tua fotocanera?

Si dice body… corpo macchina. Ma non si tratta di un semplice involucro.
Non è un’armatura atta a proteggere fragilità inesponibili, quella di cui parliamo.
Esiste un rapporto feticistico, un transfert della meta sessuale?  O una affermazione del proprio status sessuale, a volte tale da diventare devianza… esibizionismo?
Già ai tempi del SICOF, che era altra roba rispetto al Photoshow, ricordo l’ostentazione di teleobiettivi formato super dotato. Il rimbalzo a Fallocrate e al suo Aforismi mi era chiaro.   E le fanciulle? Modulano diversamente.
Non è assolutizzabile, però alla domanda “Di che sesso è la tua fotocamera?” tutti rispondono. Quasi tutti collocano. Molti proiettano.
Per farne che, questa è un’altra faccenda. A volte niente. A volte per andare a spasso… prendere aria, vedere gente insieme: tu e la tua macchina fotografica, coppia fissa, nessuna relazione complicata. Che poi è l’elemento della terza domanda. Perché se il rapporto è certificato, il/la partner è del triangolo il vertice più lontano. Si assiste a vere scenate di gelosia… a tentativi di sabotaggio. Che in casi estremi prevedono anche la soppressione.
Ma in tutto questo, la fotografia cos’ha a che fare? Niente.

IMG_1806_Bruno
A: Femmina, perché LA Olympus.
B: Assolutamente no, le sono molto affezionato e non la cambierei con nessuna mai… mi si spezzerebbe il cuore.

IMG_1813_Jessica
A: Maschio! Perché… eh… perché mi sembra un maschio…perché è nera!
B: Dipende, se è scassata sì altrimenti no perché ci sono affezionata
C: Non la caga neanche…

IMG_1815_Luca Mantovani
A: Maschio, perché raggiunge l’obiettivo.
B: No, perché c’è un legame affettivo… ci sono voluti tanti sacrifici per arrivare a prenderla, mi è costata sudore insomma…
C: Se lei è il soggetto allora va bene altrimenti se la porto a destra e a sinistra, a fotografare animali o cose così… minchia!

IMG_1818_Barbara
A: Femmina, perché fa quello che dico io! – risata.
B: No, perché questa ho imparato a usarla e voglio andare avanti così.

IMG_1822_Antonio_Teresa
Teresa
A: Femmina
B: No! Si completa con la macchina fotografica maschio di mio marito.
C: Gli piace, è pur sempre una macchina fotografica… ma non vuole saperne di utilizzarla perché inquadra sotto il mio punto di vista!
Antonio
A: Maschia, perché è tosta,
ER: hai detto MASCHIA però…
Antonio – grande risata.
B: No, ci sono affezionato.
C: La ama, la ama… perché ama me! –risata.

IMG_1823_Roberto
A: Sicuramente è femmina… perché ci vuole tanta sensibilità, che è solo delle donne.
B: No, perché è impostata… mi trovo bene… poi mai lasciare il vecchio per il nuovo.

IMG_1826_Sara
A: Femmina! La… e poi perché assolutamente è  a occhio di donna…
B: No, ci sono affezionata e ci capiamo al volo.

IMG_1842_Giulia
A: Femmina, perché è LA macchina fotografica… sinceramente non vedo altre implicazioni per quanto mi sforzi… sono superficiale?
ER: Assolutamente no.
B: No! Perché ci sono molto affezionata… è il mio mezzo lo conosco e proprio non la cambio.

IMG_1846_Stefano Brandolini
A: Femmina! Perché è una cosa abbastanza intima… dev’esserci un rapporto… siccome c’è un contatto fisico dev’essere femmina.
B: NO perché non mi fiderei. Della macchina…

IMG_1850_Luca
A: Credo femmina…
ER: Come credo?
Luca: Non ne ho certezza, però visto che io la amo e sono tradizionalista penso sia femmina.
B: Non la vendono più la mia nuova… comunque NO mai! Sono legato sentimentalmente.
C: Bah… credo… credo che la ignori… credo.

IMG_1851_Ubaldo Dino Mancuso
A: Maschio… perché ci ho un coso lungo davanti quindi è maschio… maschio.
B: Eh certo, mica so’ fesso! –risata.
C: La adoperiamo insieme. Ci piace…

 IMG_1853_Massimo
A: Maschio perché… ha una forza… è virile! Virile sì.
B: No perché è personale… è un gioiello è come per la donna un gioiello.
C: Indifferente… indifferente.

IMG_1856_Liliana_Marius
A (Liliana): Una femmina –risata. Perché… perché così
A (Marius): Mmm… non ha un sesso.
ER: Questa fotocamera che state usando di chi è?
Entrambi: Tutti e due!
B: – all’unisono – Sì certo!

Questo è quanto… mia sponda. Quella di Toni è meglio, ed è qui:
http://tonithorimbert.blogspot.it/2013/03/what-sex-is-your-camera.html
© Efrem Raimondi. All rights reserved.

 

 

INSTAGRAM

INSTA 10, marzo 2013 © Efrem Raimondi. All rights reserved.

Guardo il Web ma qui viro in una sola direzione.
I social network sono l’ambito di amplificazione di atteggiamenti individuali deteriorati che trovano finalmente traguardo sociale. E l’applauso.
Ci sono persino le claque. E neanche portate da casa… si autogenerano.
Questo riguarda tutti i social network che conosco e frequento: Facebook da un paio d’anni, Twitter dopo che Red Ronnie m’ha fatto una testa tanta in occasione della mia co-partecipazione a una puntata del suo meraviglioso Roxie Bar TV, per cui primo tweet il 13 febbraio complice Rossella Rasulo che mi ha istruito.
E adesso Instagram. Complice nessuno salvo un paio di dritte di Settimio Benedusi.
Non ho idea se ce la faccio. Sono molto franco, io non uso giri… mi sembra tutto un circo. Per fortuna gli animali siamo noi.
Almeno questo lo risparmiamo alle altre specie.
Finché si trattava del solo Facebook potevo reggere, anche perché io sono un punk di prima generazione… mi affeziono alle cose che capisco. Le altre le rifiuto. Di Twitter capisco poco, mi sembra un soliloquio. Più utile forse. Ma mi è emotivamente distante. Almeno per ora.
Instagram è invece faccenda molto seria. Non entro nel merito della menata dei diritti ecc. ecc… chi se ne frega, al momento.
Prima ero estraneo e non ci pensavo. Adesso ci penso eccome!
Perché sono un fotografo inattuale. Uno che dell’attualità non sa che farsene… non mi dice niente che io non veda. Mentre a me, in fotografia, interessa ciò che non si vede. E che per prendere forma e voce ha bisogno di me. Nel pieno delle mie facoltà.
Tante o poche che siano, purché mi riconosca.
Si dice che Instagram sia la Polaroid attuale. Non è vero.
In che cosa differisce da qualsiasi altra fotografia realizzata col cellulare? Nella sostanza in niente. Quindi anche qualsiasi altro sistema, organizzato o meno in forma social, potrebbe rivendicare l’attributo.
Instagram ha a che fare con la Polaroid solo perché è istantanea.
E usa una gabbia quadrata. Ma c’è chi si sta già lamentando.
Mentre però le pola si confrontavano con un istante dilatato e molto personale, le instagram click trovano ragione di vita nell’omologazione di un format immediatamente mediatico che ha raggiunto 100 milioni di utenze. Utenze…
In questo forse è davvero l’instant per eccellenza.
Su La Stampa.it del 28 febbraio leggo: Unisce la macchina fotografica e la camera oscura, illude ogni utente di essere il nuovo Henry Cartier-Bresson…
A parte l’illusione bressoniana e il rapporto con l’istante, che ci sarebbe da dire tanto ma non adesso, il tema della cosiddetta camera oscura è rilevante.
La serie di filtri che accompagnano l’applicazione sono ”la camera oscura”. A furia di parlare come conviene al marketing finisce che ci si crede. In realtà ‘sti filtri sono semplicemente degli applicativi di effetti. Che hanno lo scopo di rendere accattivante lo scatto originale. E qui siamo al punto.
Accattivante, cioè mediaticamente commestibile… che ammicca al gusto degli adepti. Questo ci permette di accumulare seguaci. Proprio così, seguaci.
Se questo è lo scopo nulla da dire. Se il riconoscimento mediatico è il fine, nulla da dire.
E ognuno faccia come preferisce o fervidamente crede.
In questi pochissimi giorni di praticantato mi son fatto un po’ di giri trasversali, quasi a caso, in varie bacheche… o gallery, o album, chiamatele come volete e salvo alcune immagini mi sembrava di essere finito in un fumetto, comics insomma. Sembrava di essere tornati indietro di un quinquennio, anche di più, tra saturazioni, desaturazioni, contrastoni, effettoni modello Photoshop Elements.
Roba un po’ vecchia a dire il vero… passata.
Poi ogni tanto appariva qualcosa che mi riconciliava.
Che mi ha fatto venire la voglia di esserci.
E che ha davvero a che fare con l’unica idea che ho di fotografia, che è indipendente dal mezzo che uso.
Quindi la sfida, poco remunerativa mediaticamente, mi affascina.
Non sono declinabile per Instagram.
Piaccia o meno, io Normal. Al massimo Inkwell.

Instagram Camera Oscura.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Cat Power – Rolling Stone

RS, ottobre 2012.

Un pomeriggio di giugno, quello scorso… arriva al Magnolia, noto locale milanese in zona Idroscalo, accompagnata da Micro (ufficio stampa), la giornalista Veronica Raimo, e una sua amica americana. O inglese…
Giulia e io eravamo lì da un po’ prima, giusto per capire dove ritrarla. E guardando lo spazio appena dietro al locale mi viene in mente un po’ Blow Up, effettivamente come dice la giornalista nell’intervista.
A questo proposito devo solo rettificare: “il fotografo” non cerca di recuperare un bel niente e anzi garbatamente insiste per una sequenza. Che puntualmente si fa.
Con la consapevolezza che difficilmente sarebbe stata editabile da Rolling Stone per i noti problemi di impaginazione che la sequenza si trascina, soprattutto se lunga. E questo vale per tutti i magazine.
Ma intanto si fa. Semmai poi si estrapola. Come infatti è accaduto.
E non c’è nulla di orrendo in questo… la sequenza te la metti in tasca, conscio che è un’altra cosa… conscio che lo spazio dev’essere altro e ampio. Ma non c’è il minimo fastidio ad assecondare le esigenze redazionali… basta che ogni singolo frame abbia una coerenza propria. Per questo vanno pensate e la raffica serve a niente. Se non a sovraccarsi di repliche inutili.
Diversa invece la sessione dei primi piani: ogni immagine è singola. E Blow Up non c’entra più un cazzo.
Mi ha fatto un gran piacere ritrarre questa donna, questa grande cantautrice americana, alias Charlyn “Chan” Marshall… mica interloquivo con lei chiamandola Cat Power!
Ma il piacere sta nello shooting e per come lei si è data… una vera performer che non si è lesinata. Non capita spessissimo.
Qualcuno che non sia stitico ogni tanto ci vuole.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Rolling Stone mag© Efrem Raimondi. All rights reserved.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Assistente fotografia: Giulia Diegoli.
Fotocamera Hasselblad H3D II-39, con ottica 50 mm.
Luce ambiente.