Oggi…

Oggi ho sessant’anni.
Non si dovrebbe nascere in un mese così.
Chiunque ad agosto, sa perché.
Una ricorrenza in apnea dal tempo delle elementari.
Nascosta il più possibile: d
etesto le ricorrenze.

Non me ne frega un cazzo del mio compleanno!
Oggi però ho sessant’anni…
Non ci credo.

Non ho mai considerato il tempo, il suo trascorrere, un problema.
Non un motivo di discussione.
Non ci ho mai pensato. Non l’ho mai scandito.
La relazione l’ho regolata centrifugando fotografia.

E finora tutto sommato m’è andata bene.

Stabilire unilateralmente che fermare qualsiasi moto è possibile.
Almeno sospendere, rimbalzando in una realtà parallela.

Quasi parallela. Perché invece procede per fatti propri.
E a un certo punto si allontana.
Un patto per sopravvivere a tutto.
Un’illusione meravigliosa.

Già…
Di anni invece ne ho tre.
Sempre quei tre fermi alla visione folgorante di mio padre che si toglie un guanto e mi saluta agitando la mano.
È così che ho iniziato a vedere.
E quell’anello… quel rubino che mi ha accecato nella neve di quel dannato Natale, adesso è mio. Da un po’.

Da trentotto fotografo pensando a me stesso, che me ne faccio del compleanno?

Nota
INVISIBLE è il video che precede alcuni miei incontri pubblici.
Un pot-pourri, una centrifuga. Tolte le quattro o cinque che segnano un momento preciso, le altre immagini le ho letteralmente pescate qui e là, trasversalmente e con leggerezza.
Non ho pensato, altrimenti non sarei stato in grado e tanto valeva rimanere come un coglione davanti allo specchio.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

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INVISIBILE

Invisibile.
La fotografia che m’interessa.
Qui la mia.
Ma anche quella di altri. Che un comune denominatore esiste.
Questo slideshow è una sintesi estrema di un percorso che ho iniziato da bambino.
E che solo a un certo punto è diventato visibile. Più o meno trentacinque anni fa.
Una selezione random per un tempo sostenibile: 3:10.
Quasi random…
Tolte quelle tre o quattro immagini, per il resto sono andato a pescare qui e là, trasversalmente con molta leggerezza. E tranquillità.
Non troppo pensata, altrimenti mi sarebbe stato impossibile.
Ma filologica sì.
È uno strumento. Che mi serve per presentare le lectio.
Non una mostra – dove mi irriterebbe persino il battito delle ciglia presenti – quindi la traccia musicale è funzionale. No te gusta? Press OFF.

Un aperitivo, proprio quando stai ancora cercando dove sederti.
Come dei flash.
Spero che dovunque ti trovi, ti fermi e guardi.
Uno slideshow che dia il senso di ciò che si vedrà a breve.
Tutte le parole del mondo vengono dopo. Molto dopo.
Chiaro?

Don’t stay…

© Efrem Raimondi - All Rights Reserved© Efrem Raimondi – All Rights Reserved

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Maestro… #myfather #andme

Ci vuole sempre un maestro.
Una maestra.

Qualcuno che ti abbagli…
Qualcuna di cui innamorarti.

Per ciò che sono…
Per ciò che fanno…
Per ciò che danno.
Una dote per sempre, sino all’infinito.
Sei pronto?
Adesso tocca a te.
Non pensare, adesso fotografa.
E vediamo cosa restituisci.

È andata così.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

my father and me © Efrem Raimondi - All Rights Reserved    Mio padre e io fotografati da mia madre, giugno 1962.

Il maestro è nell’anima,
e dentro all’anima per sempre resterà.
Paolo Conte.

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Fotografia. No ritratto.

mio padre by Efrem Raimondi

 

Questo ritratto non è un ritratto.
È una fotografia.

mio padre, 1995.

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In nome del padre.

© Efrem Raimondi - All Rights ReservedDa dove partire?
Dall’urgenza.
Il motore fotografico forse è davvero questo: l’urgenza di esplodere.
Non ha importanza poi la tinta, se un acquarello pastello o dei graffi d’inchiostro… uguale. Ognuno modula come gli pare.
Ma l’urgenza non ha a che fare con gli altri, non riguarda il consenso, né tantomeno il successo: è un fatto privato. Intimo.
Fotografare è sputare l’anima. E quando la sputi te ne accorgi.
Non hai bisogno di nessuna conferma. Non servono pacche sulla spalla.
Ciò che si racconta è il presente. La matrice espressiva risiede nella nostra memoria, senza la quale rimbalzeremmo muti e frenetici.
Questo ritratto a mio padre, Luigi Raimondi, è stato fatto sull’urgenza del tempo.
Quello che non avrei più avuto da condividere con lui. Si rimanda si rimanda si rimanda… poi ti dicono che tuo padre sta morendo.
E non l’hai mai ritratto.

Questa è l’urgenza per un fotografo, o per chiunque usi il linguaggio come dinamica dell’io. Quello interiore e che non sai neanche bene dov’è ficcato. Né cosa lo spinga a imporsi con prepotenza.
E la memoria ti serve per dargli una forma. Questo almeno vale per me.

Il ritratto più sofferto della mia vita… in banco ottico, col telo a nascondere il mio sguardo allucinato.
Un camuffamento momentaneo visto che poi il risultato è questo.
Era l’ottobre del 1995. Ero molto più giovane. Era un altro pianeta.
E non ero ancora orfano.

© Efrem Raimondi. All rights reserved.

Toyo 45 G, Rodenstock 180, Profoto flash, Agfapan 100.

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